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mercoledì 30 ottobre 2013

Lo Sapevate Che: L'Antitaliano...


Ignoranti e Perdenti

In Italia si legge poco e quel poco non si capisce. Né si sanno interpretare i numeri.
Bisogna riportare la cultura là dove la gente può scoprirla: in tv e sulla Rete

L’8 ottobre l’Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (Isfol) ha reso noti i risultati di un’indagine curata dall’Ocse, il Programme for the International assessment of adult competencies (Piaac). Un’indagine, condotta nei 24 paesi che hanno aderito su un campione accuratamente selezionato di adulti in età da lavoro, tra i 16 e 1 65 anni, che riguarda le capacità di lettura e comprensione di testi scritti (literacy) e le capacità di problem solving.
L’Italia Risulta all’ultimo posto per literacy, al penultimo per numeracy e non ha consegnato i dati per problem solving. I ministri dell’Istruzione e del Lavoro commentano questo risultato, che definire deludente è un eufemismo, promettendo “un’inversione di marcia” e puntano i fari – come categoria più esposta – su quelli che chiamano Neet (Not in Education, Employement or Training), ovvero persone che hanno smesso la loro formazione e che non hanno ancora avuto accesso al mondo del lavoro.
A questo proposito ho letto un articolo di Tullio De Mauro che metteva in guardia dal puntare il dito solo sulla scuola, per analizzare invece – cosa infinitamente più proficua – le storie dei singoli Stati aderenti al programma. Una cattiva scuola non è necessariamente colpevole di un alto tasso di analfabetismo, ma la mancata attitudine a leggere libri e a tenersi informati sì. E le politiche che i singoli Stati hanno messo in atto nel corso degli ultimi secoli riguardo all’alfabetizzazione sono alla base della situazione attuale e degli scarsissimi risultati che il nostro Paese consegue quando partecipa a questo genere di studi. Sullo stesso argomento, Tito Boeri affronta la questione da economista e dà le cifre sul tasso di scolarità, bassissimo nei paesi in coda alla classifica. E il governo, pur promettendo un inversione di tendenza, abbassa la spesa per l’istruzione dal 10 all’8 per cento della spesa totale.
Questi i fatti, cui bisognerebbe prestare la massima attenzione; le conseguenze le abbiamo sotto gli occhi. Una società che non comprende ciò che legge e che non sa utilizzare le proprie conoscenze matematiche per interpretare i numeri riportati sui giornali o che sente in televisione, è una società schiava di chi la governa. Non è in grado di valutarne il lavoro, non è in grado di valutare le competenze dei singoli membri, nemmeno di quelli territorialmente più vicini, penso agli amministratori locali. Una società i cui membri sono vittime di quello che viene comunemente chiamato “analfabetismo di ritorno”, ovvero l’incapacità di stare al passo con le rivoluzioni tecnologiche che investono la vita di ogni giorno e il mondo del lavoro, è una società che in larga parte non s trovare percorsi alternativi a quelli già segnati.
Cito De Mauro che una volta ha detto, riguardo agli italiani alle urne: “Molti sono spinti a votare più con la pancia che con la testa”. A questo si aggiunge una legge elettorale iniqua che ha raggiunto l’unico risultato possibile: quello di far credere agli elettori che dal momento che tutta la politica viene ritenuta marcia, tanto vale votare il politico che potrà fare, all’occorrenza, il favore che serve. Una licenza, un posto auto, un letto d’ospedale.
Come Se Ne Esce? La strada è una sola: puntare sull’istruzione, arginare la dispersione scolastica soprattutto nelle aree del Sud più colpite dal fenomeno. Non ci sono altre soluzioni. Inutile pensare che giornalisti e scrittori facciano male il proprio mestiere. Inutile prendersela con gli editori. Se non c’è abitudine a leggere e l’Italia è un paese di lettori deboli (tra gli italiani considerati lettori una percentuale altissima legge un solo libro all’anno), non ha alcuna importanza che la stampa assolva male il compito di informare i cittadini o che le librerie siano intasate da libri di cucina (posto che ce ne sono di interessantissimi). Non ha importanza che la critica letteraria nel nostro Paese sia sempre più marginalizzata lasciando spazio a figure di critici improvvisati (molta parte dei nuovi critici ormai sono spesso pessimi scrittori che cercano di farsi largo mostrandosi crudeli e cinici, e colmando con la spietatezza e il gossip la mancanza di analisi).
Tutto questo non ha importanza se non si comprende che la letteratura deve entrare proprio dove per molti entrare è sinonimo di sconfitta, o di pubblicità. E cioè in televisione e sul Web. A febbraio del 2012 lessi delle poesie di Wislawa Szymborska in televisione – poesie! – e nei giorni seguenti “La gioia di vivere” (Adelphi) scala le classifiche dei libri più venduti  e arriva ai primi posti. La poesia veniva considerata senza mercato. Qualche giorno fa sulla mia pagine Facebook ho consigliato un libro che mi è capitato tra le mani, “L’utilità dell’inutile” (Bompiani) di Nuccio Ordine. In due giorni è diventato il secondo libro più venduto su Amazon. Se l’abitudine alla lettura in Italia sembra non risiedere più nei suoi luoghi d’elezione, dobbiamo iniziare ad aprirle altri spazi. Potremmo scoprire che ne vale la pena.

Roberto Saviano – L’Espresso – 31 Ottobre 2013 

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