Fra Italia e Germania
Lunga Storia d’Amore,
di Sospetti. E
Lingotti-
Angela Merkel ha
stravinto e, come si sa, Angela non è tenera con noi, specie quando le
chiediamo soldi. Bisognerà tenerne conto, anche perché l’ultimo che non lo fece
– e anzi si dimostrò scioccamente offensivo e volgare nei suoi riguardi
-
perse immediatamente il posto da primo ministro.
Indubbiamente quando Italia e Germania si guardano negli occhi, lampi di quanto
siano stati spaventosi e tragici i nostri rapporti, vanno oltre la bonarietà
dei pizzaioli italiani a Berlino e la felicità delle segretarie di Francoforte
in vacanza a Riccione. Le nostre due economie sono fortemente integrate, ma
appena due generazioni fa ci furono l’Asse e l’8 settembre, Cefalonia e
Marzabotto. Appena una generazione fa, i maggiori politici italiani, da
Andreotti a Berlinguer, vedevano come la riunificazione tedesca come il fumo
negli occhi e Helmut Kohl mise una sorta di
antimafia al nostro ingresso in Europa.
A dimostrazione di quanto antico sia
il sospetto, gli annali ci ricordano un dimenticato episodio della metà degli
anni Settanta del Ventesimo Secolo che è interessante rileggere adesso.
Siamo nel 1974 e l’Italia, come
spesso le succede, ha un urgente bisogno di soldi, che il governatore della
Banca d’Italia Guido Carli implora alla Bundesbank. Presidente del Consiglio
italiano è il democratico Mariano Rumor; il socialdemocratico Willy Brandt è il
suo omologo tedesco, Helmut Schimidt (che lo sostituirà dopo pochi mesi come
cancelliere), è il ministro delle Finanze. La Banca centrale tedesca concede
all’Italia un prestito di due miliardi di dollari, a un tasso dell’otto per
cento, ma pone delle condizioni pesantissime e senza precedenti nei rapporti
tra i due Paesi. Chiede, in sostanza, di essere garantita con l’oro dei
forzieri di via Nazionale e lo vuole “fisicamente”. E così 500 tonnellate di
oro vengono trasportate da Roma ai sotterranei della Banca dei Regolamenti
Internazionali di Basilea sotto forma di 41.300 lingotti del peso di 12,5
chili. I dettagli dell’operazione, abbastanza umilianti, sono ancora oggi
sconosciuti. Nette le parole di Schmidt: “ Non dobbiamo offrire le nostre
riserve monetarie per il consumo altrui…a meno che non otteniamo un progresso
politico che agli occhi della nostra opinione pubblica venga considerato
meritevole di un sacrificio”. Per gli amanti della dietrologia, quel prestito
ebbe anche un codicillo: la liberazione dell’ex capo della Gestapo a Roma,
Herbert Kappler, morente di cancro. Lo richiedeva la moglie Anneliese, solida
ed importante membro della Spd. Come qualcuno ricorderà, Anneliese Kappler, il
15 agosto 1977, mise in una cesta di vimini il marito (che pesava 45 chili) e
così lo fece evadere dall’ospedale militare del Celio, riportandolo in
Germania. Il suo status era stato cambiato, da parte del governo italiano
presieduto da Arnaldo Forlani, da “detenuto” a “prigioniero di guerra”, che
prevede il diritto di fuga.
Storie vecchie. Che si faceva,
allora, per due miliardi di dollari…
A proposito: ma quei lingotti, poi,
tornarono indietro?
Enrico Deaglio – Venerdì di
Repubblica – 4 Ottobre 2013
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