Idea, Votiamo Come a
Londra
Alle elezioni per
sindaco della capitale inglese il doppio turno
si fa in un giorno solo.
Si indicano candidato
preferito e un altro nome.
Se con la scheda
principale nessuno fa il pieno, vengono
Sommate prima e seconda
scelta
Il governo è vivo, la legge elettorale è morta. Resta
soltanto da celebrarne il funerale, ma ci penserà a dicembre la Consulta. E a
quel punto pure le Camere diventeranno un cimitero: come può andare avanti
l’attività legislativa se il legislatore è un abusivo, se viene proclamata
illegittima la sua stessa elezione? E come potrà l’esecutivo reggersi sulla
fiducia d’un Parlamento di cadaveri?
Insomma, i politici italiani farebbero meglio a darsi una
scossa. Nel proprio interesse, prima ancora che nel nostro. Loro invece
traccheggiano, tanto per cambiare. O al più filosofeggiano sui massimi sistemi,
discettano sul nesso tra forma di governo e legge elettorale, promettono di
cambiare la seconda quando dalla testa di Giove verrà fuori un’idea per
cambiare la prima. Errore: il meglio è nemico del bene, come ci hanno insegnato
i nostri nonni. E da qui al giudizio della Corte costituzionale mancano ormai
poche settimane. Urge un tampone, un rimedio preventivo. Ma la toppa non può
certo consistere nell’eliminazione del
premio di maggioranza dal Porcellum. In primo luogo perché non basterebbe a
salvarlo dalla mannaia della Consulta: i vizi di questa legge sono
pluricandidature e i plurinominati. E in secondo luogo perché ne scaturirebbe
un proporzionale puro, dunque una governabilità impura.
Tuttavia Una Soluzione bell’e pronta esiste già: il
Mattarellum. Ovvero il marchingegno elettorale (maggioritario per tre quarti,
proporzionale per un quarto) che abbiamo usato dal 1994 al 2001, e che nel 2011
raccolse un milione e 200 mila firme in un referendum che intendeva riesumarlo.
Certo, anche il Mattarellum avrebbe bisogno di una toppa. Correggendolo per
eleggere più donne in Parlamento. E depurandolo dal meccanismo infernale dello
scorporo, che sottraeva a ogni partito i voti dei candidati vittoriosi nei
collegi, e che a suo tempo provocò un’inondazione di liste civetta.
Sennonchè già risuona l’obiezione: guardiamo avanti,
scurdammoce ‘o passato. E allora via con la soluzione di ricambio. Pronta per
l’uso anch’essa, oltre che saggia per definizione, dato che l’hanno
confezionata i 35 saggi insediati dal governo. Un doppio turno eventuale, se
vogliamo affibbiargli un’etichetta. Funziona così: vince la lotteria delle
elezioni il partito (o la coalizione) che incassa il 45 per cento dei suffragi,
giacchè immediatamente ottiene in premio il 55 per cento dei seggi in
Parlamento. E se nessuna supera la soglia? Ballottaggio tra le due forze più
votate, ma con un paio di divieti. Al primo turno, vietato computare i voti
delle liste che non raggiungono il 5 per cento dei consensi (un deterrente
contro le famiglie troppo numerose). Al secondo turno, vietato imbarcare nuovi
viaggiatori (altrimenti l’alleanza diventa un caravanserraglio)
Può Starci La Sinistra?
Probabilmente sì: il
doppio turno è nei suoi cromosomi. Può starci la destra? Probabilmente no, per
la ragione opposta: a quanto pare i suoi Ma un modo per salvare capra e cavoli
c’è, e c’è da lungo tempo. L’immaginò John Stuart Mill nel 1861, lo ripropose
Luigi Einaudi nel 1953. Oggi è in uso in Australia, nonché per eleggere il
sindaco di Londra. Come? Con un ballottaggio preventivo, con un doppio turno
solo. E’ il sistema del voto alternativo: l’elettore vota per il suo candidato
preferito, però al contempo esprime una seconda scelta. Se qualcuno fa il pieno
con il primo voto, bene: viene eletto. Altrimenti l’elezione si guadagna
sommando primi e secondi voti.
Va da sé che il “supplementary vote” penalizza i candidati di
bandiera, ma offre in cambio una serie di vantaggi. Perché non affatica gli
elettori con una doppia tornata. Perché
evita di sprecarne il voto, come succede nel maggioritario puro a chi
rimanga in minoranza. E perché consegna ai cittadini il potere di decidere le
coalizioni di governo, sottraendolo ai partiti. Insomma, è l’uovo di Colombo.
Ma difficilmente i nostri politici faranno coccodè.
Michele Ainis – L’Espresso – 17 Ottobre 2013
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