Trilioni di Dollari Dopo Siamo ancora
lì….
Quel terribile giorno
del 2008 è lontano e molto è stato fatto. Ma non basta. Il potere è ancora
nelle mani di pochi e il costo di errori lo pagano tutti
La Borsa americana ha festeggiato il quinto anniversario del
fallimento di Lehman con un nuovo record. Il Prodotto interno Lordo (Pil) ha
superato quello pre-crisi. Perfino l’evento più sfarzoso di New York – il gala
in smoking dei partner di Goldman Sachs – è ritornato. Se non fosse per una disoccupazione
ancora al 7,3 per cento (era al 6,1, quando Lehman fallì) in America la crisi
finanziaria sembrerebbe un lontano ricordo. Cinque anni e qualche trilione di dollari di intervento
dopo, siamo daccapo? Cosa è cambiato nei comportamenti sui mercati, nelle
regole, e nei controlli?
La Semplice Risposta è qualcosa, ma non abbastanza. E’
cambiata certamente la sicumera degli operatori e regolatori finanziari. Nel
2004 Ben Bernanke, allora solo uno dei membri del board della Federal Reserve,
aveva parlato della “grande moderazione”: la stabilità dei mercati e
dell’economia dovuta alla sapiente guida dei banchieri centrali. Oggi nessuno
si sognerebbe di menzionare una cosa simile. Gli errori passati hanno lasciato
il seme del dubbio sulla capacità dei nostri modelli di eliminare il rischio.
Questa insicurezza è di gran lunga il miglior meccanismo di prevenzione di una
crisi futura.
Anche il mercato dei derivati è diventato più sicuro. Nel
2008 molti dei contratti non erano garantiti da sufficienti garanzie reali. Il
fallimento di una istituzione, che le impediva di onorare in toto i suoi
derivati, rischiava di distruggere il valore degli attivi delle istituzioni
finanziarie che erano controparti di questi contratti, provocando fallimenti a
catena. Oggi un numero crescente di derivati sono trattati sui mercati
regolamentati e sono adeguatamente garantiti. Il rischio di fallimenti a
catena, quindi, si è ridotto. Infine, anche tra gli operatori di mercato si sta
lentamente diffondendo la convinzione che sia pericoloso finanziare il 97 per
cento dell’attivo con debito, cole le banche facevano regolarmente prima della
crisi. In luglio la Federal Reserve ha annunciato che almeno il 6 per cento
dell’attivo delle grandi istituzioni finanziarie deve essere finanziato con
capitale di rischio. La Svizzera ha imposto requisiti ancora più stringenti.
Capendo che aria tira, le maggiori banche hanno perfino smesso di fare lobby
contro più elevati requisiti di capitale e cominciano ad usare la loro solidità
finanziaria come fattore competitivo.
Purtroppo queste misure non sono sufficienti.
Dopo il disastro seguito al fallimento del 2008, nessun politico avrebbe mai il
coraggio di lasciare fallire un’altra Lehman. Certe di essere protette dal
potere politico, le maggiori istituzioni finanziarie stanno assumendo ancora
più rischio, come quei figli di papà che fanno gli spavaldi sapendo che è il
babbo a pagare il conto delle loro mascalzonate.
La leva finanziaria delle principali istituzioni (in
particolare europee) è ancora troppo elevata. Il giorno prima di fallire Lehman
aveva un valore contabile del capitale di rischio pari all’11 per cento del
proprio attivo. Quindi anche i requisiti appena imposti dalla Fed sono troppo
laschi.
Ma Soprattutto non è stato fatto abbastanza per aumentare
la tenuta del sistema finanziario di fronte a una nuova crisi. La quale, prima
o poi, sarà inevitabile: quelli che sono evitabili (o almeno riducibili) sono i
danni collaterali di un altro crac. Nel 2008 il fallimento di poche istituzioni
finanziarie negli Stati Uniti ed in Europa ha provocato una severa contrazione
del credito in tutto il mondo occidentale, danneggiando pesantemente la
capacità delle imprese di operare. Il sistema finanziario era troppo
concentrato e troppo interdipendente. Se le riforme ne hanno ridotto un po’
l’interdipendenza , ne hanno solo aumentato la concentrazione. Troppo potere è
nelle mani di pochi, ed il costo dei loro errori si riverbera sull’intero
Paese.
Nonostante la ripresa, le stime ci dicono che il Prodotto
interno lordo americano è il 15 per cento sotto di quello che sarebbe stato
senza una crisi. In altre parole, ogni americano (compresi vecchi e bambini)
quest’anno guadagna in media 7.500 dollari in meno rispetto a quanto avrbbe
preso se non fosse scoppiato il caso Lehman. Un costo troppo elevato per
rischiare un bis.
Luigi Zingales – L’Espresso – 17 – Ottobre 2013 -
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