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domenica 20 ottobre 2013

Lo Sapevate Che: Libero Mercato...


Trilioni di Dollari Dopo Siamo ancora lì….

Quel terribile giorno del 2008 è lontano e molto è stato fatto. Ma non basta. Il potere è ancora nelle mani di pochi e il costo di errori lo pagano tutti

La Borsa americana ha festeggiato il quinto anniversario del fallimento di Lehman con un nuovo record. Il Prodotto interno Lordo (Pil) ha superato quello pre-crisi. Perfino l’evento più sfarzoso di New York – il gala in smoking dei partner di Goldman Sachs – è ritornato. Se non fosse per una disoccupazione ancora al 7,3 per cento (era al 6,1, quando Lehman fallì) in America la crisi finanziaria sembrerebbe un lontano ricordo. Cinque anni  e qualche trilione di dollari di intervento dopo, siamo daccapo? Cosa è cambiato nei comportamenti sui mercati, nelle regole, e nei controlli?
La Semplice Risposta è qualcosa, ma non abbastanza. E’ cambiata certamente la sicumera degli operatori e regolatori finanziari. Nel 2004 Ben Bernanke, allora solo uno dei membri del board della Federal Reserve, aveva parlato della “grande moderazione”: la stabilità dei mercati e dell’economia dovuta alla sapiente guida dei banchieri centrali. Oggi nessuno si sognerebbe di menzionare una cosa simile. Gli errori passati hanno lasciato il seme del dubbio sulla capacità dei nostri modelli di eliminare il rischio. Questa insicurezza è di gran lunga il miglior meccanismo di prevenzione di una crisi futura.
Anche il mercato dei derivati è diventato più sicuro. Nel 2008 molti dei contratti non erano garantiti da sufficienti garanzie reali. Il fallimento di una istituzione, che le impediva di onorare in toto i suoi derivati, rischiava di distruggere il valore degli attivi delle istituzioni finanziarie che erano controparti di questi contratti, provocando fallimenti a catena. Oggi un numero crescente di derivati sono trattati sui mercati regolamentati e sono adeguatamente garantiti. Il rischio di fallimenti a catena, quindi, si è ridotto. Infine, anche tra gli operatori di mercato si sta lentamente diffondendo la convinzione che sia pericoloso finanziare il 97 per cento dell’attivo con debito, cole le banche facevano regolarmente prima della crisi. In luglio la Federal Reserve ha annunciato che almeno il 6 per cento dell’attivo delle grandi istituzioni finanziarie deve essere finanziato con capitale di rischio. La Svizzera ha imposto requisiti ancora più stringenti. Capendo che aria tira, le maggiori banche hanno perfino smesso di fare lobby contro più elevati requisiti di capitale e cominciano ad usare la loro solidità finanziaria come fattore competitivo.
Purtroppo queste misure non sono sufficienti. Dopo il disastro seguito al fallimento del 2008, nessun politico avrebbe mai il coraggio di lasciare fallire un’altra Lehman. Certe di essere protette dal potere politico, le maggiori istituzioni finanziarie stanno assumendo ancora più rischio, come quei figli di papà che fanno gli spavaldi sapendo che è il babbo a pagare il conto delle loro mascalzonate.
La leva finanziaria delle principali istituzioni (in particolare europee) è ancora troppo elevata. Il giorno prima di fallire Lehman aveva un valore contabile del capitale di rischio pari all’11 per cento del proprio attivo. Quindi anche i requisiti appena imposti dalla Fed sono troppo laschi.
Ma Soprattutto non è stato fatto abbastanza per aumentare la tenuta del sistema finanziario di fronte a una nuova crisi. La quale, prima o poi, sarà inevitabile: quelli che sono evitabili (o almeno riducibili) sono i danni collaterali di un altro crac. Nel 2008 il fallimento di poche istituzioni finanziarie negli Stati Uniti ed in Europa ha provocato una severa contrazione del credito in tutto il mondo occidentale, danneggiando pesantemente la capacità delle imprese di operare. Il sistema finanziario era troppo concentrato e troppo interdipendente. Se le riforme ne hanno ridotto un po’ l’interdipendenza , ne hanno solo aumentato la concentrazione. Troppo potere è nelle mani di pochi, ed il costo dei loro errori si riverbera sull’intero Paese.
Nonostante la ripresa, le stime ci dicono che il Prodotto interno lordo americano è il 15 per cento sotto di quello che sarebbe stato senza una crisi. In altre parole, ogni americano (compresi vecchi e bambini) quest’anno guadagna in media 7.500 dollari in meno rispetto a quanto avrbbe preso se non fosse scoppiato il caso Lehman. Un costo troppo elevato per rischiare un bis.

Luigi Zingales – L’Espresso – 17 – Ottobre 2013 -

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