Qui Si Fa L’Europa O Si
Muore
Eco ha ragione:
l’identità europea si è
deteriorata.
Per ricrearla bisogna
partire dalle istituzioni,
non dal sentimento popolare
Nella “Bustina di Minerva” della scorsa settimana Umberto Eco
mette sotto la sua lente d’ingrandimento il tema dell’identità europea,
diventato di stringente attualità, e osserva che quell’identità si è assai
deteriorata. Si potrebbe anzi dire, ed Eco infatti lo dice, che sia addirittura
scomparsa sotto le ondate del razzismo e di un ritornante nazionalismo tanto
più nefasto quanto più al di fuori e contro una positiva evoluzione che avrebbe
dovuto portarci verso la nascita degli Stati Uniti d’Europa.
Eco ricorda che fin dagli albori dell’anno Mille gli studenti
e i docenti si trasferivano da un’Università all’altra comunicando tra loro
attraverso il latino che era rimasta la lingua franca comune a tutti quelli che
appartenevano alla classe colta. Per tutti i successivi mille anni le classi
colte e gli artisti continuarono a scambiarsi opinioni, opere, scoperte,
trasferendosi anche fisicamente da un paese all’altro, trovando committenti
dovunque e cordiale ospitalità. Per qualche secolo la lingua franca continuò a
essere il latino, ma poi le si aggiunsero e infine la soppiantarono altri
linguaggi, in parte derivanti dal celtico, in parte dallo stesso latino e dall’anglosassone.
A un certo punto l’ostacolo linguistico fu superato dallo spagnolo, dal
sassone, dal francese fino a quando a partire dal Seicento – la lingua comune
delle classi dirigenti divenne il francese, poi affiancato e infine soppiantato
dall’inglese.
Eco Ricorda con nostalgia il “germanesimo” che si
coglie in alcuni personaggi proustiani, anche mentre infuriavano guerre
sanguinose tra i due paesi. Potrei aggiungere che perfino in tempi nazisti
c’erano in Germania ufficiali e gerarchi del partito che adoravano l’arte
italiana, la musica francese, i romanzi russi e lo sperimentalismo inglese. E
perfino le grandi opere di autori di origine ebraica: ma poi, terminata la
lettura o il concerto in questione, riprendevano freddamente a trucidare ebrei
nei campi di concentramento e a lanciare bome sulla popolazione civile di
Londra e di Parigi. L’identità europea era dunque strettamente limitata alla
classe colta e molto spesso dissociata nei comportamenti di quelle stesse persone.
Comunque non fu mai un’identità politica: le nazione europee, le loro classi
dirigenti e i popoli si sono massacrati per 2 mila anni di seguito passando da
una guerra all’altra con brevi pause che non furono mai una vera pace ma
soltanto transitori armistizi. Bisogna arrivare al 1945 per trovare finalmente
una pace che sembra ormai consolidata da un comune sentire di popoli e di
classi dirigenti che hanno deposto le armi; una situazione del tutto nuova che
dura ormai da quasi settant’anni e speriamo duri per sempre. Ma gli Stati Uniti
d’Europa no, non sono ancora nati, c’è una confederazione guidata dai governi
nazionali di 28 paesi, 17 dei quali hanno una moneta comune e cresceranno
ancora in numero.
Ma E’ Esatto Dire che l’identità europea è ancora
lontana, i popoli non la sentono e anzi regrediscono verso il razzismo, il
nazionalismo, l’anarchismo, i localismi, proprio nel momento in cui la società
globale si afferma nell’economia in tutto il mondo e crescono Stati che
rappresentano interi continenti: la Cina, l?india, il Brasile, l’Africa
meridionale, è sempre più integrata, ma l’identità politica resta del tutto
inesistente e quella economica procede con passi ancora molto stentati. Esiste
una qualche soluzione a questo scottante problema? Per quanto mi riguarda ci ho
pensato a lungo e sono arrivato alla conclusione che la costruzione di
un’identità politica europea non si può raggiungere partendo dal sentimento
popolare, Per questa strada non arriveremo mai a realizzare l’obiettivo che ci proponiamo, anzi andremo
(stiamo andando) indietro.
Dobbiamo Partire
Dall’Alto Dobbiamo operare sulle classi
dirigenti affinché costruiscano vere e proprie istituzioni europee, con
successive ma rapide cessione di sovranità da parte delle istituzioni
nazionali. Oggi la sola istituzione europea dotata di poteri autonomi è la
Banca centrale (Bce) sebbene i suoi poteri siano ancora limitati e il suo
direttorio sia ancora nominato sulla base di accordi tra i governi nazionali.
Così non va, ci vogliono istituzioni schiettamente europee, forze politiche
europee, un Capo della federazione eletto da tutti i cittadini europei e così
un Parlamento con i poteri che attualmente hanno i Parlamentari nazionali.
Questa è la rivoluzione
che deve accadere entro i prossimi dieci anni, ma è inutile illudersi
che possa avvenire senza che si profili un’egemonia e una leadership politica.
Democratica certamente, nel senso che l’egemonia e la leadership debbono
risultare dal peso effettivo del paese che lo merita e deve essere contenibile
in qualunque momento. Oggi il paese egemone c’è ed è la Germania. E’ egemone di
fatto e vuole esserlo, ma non vuole assumersi la leadership, preferisce
personaggi di modesta levatura e senza alcun potere effettivo; vuole insomma
gestire l’Europa ma per interposte persone. Questa è lì egemonia peggiore
perché non è contendibile e mantiene l’Europa a livello di confederazione.
Abramo Lincoln per superare una situazione analoga scatenò
una guerra che fu poi battezzata col nome di guerra di secessione e costò
all’America 600 mila morti, più del numero di americani morti nelle due guerre
mondiali sommati insieme. In Europa non corriamo più questo pericolo perché
“abbiamo già dato” massacrandoci tra noi per 2 mila anni dopo la “pax romana”.
Ma dobbiamo insediare una leadership effettiva e continentale, oppure saremo
irrilevanti in un mondo globale dove i continenti si confrontano tra loro.
Eugenio Scalfari – L’Espresso – 31 Ottobre 2013
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