Sbiancare le nubi marine per contribuire a raffreddare il
pianeta. L’idea, all’apparenza un po’ passa, è del fisico statunitense John
Latham, che ha cominciato a lavorarci almeno dal 1990, quando in un breve
articolo pubblicato dalla rivista “Nature” propose di spruzzare nel cielo degli
oceani microscopici particelle di sale marino e calcolò che con appena 400
grammi d’acqua in un’ora si sarebbe potuto schiarire un chilometro quadrato di
cumulo. Le particelle, agendo come “nuclei di condensazione”, sono infatti in
grado di accrescere il numero di goccioline d’acqua presenti nelle nuvole, e,
di conseguenza, di aumentare la quantità di luce solare riflessa dalle nubi
nello spazio. La teoria tiene, ma in pratica nessuno sin ora ha saputo creare
le particelle spaziali. L’idea che potrebbe cambiare le carte in tavola è
italiana. L’ingegnere chimico che la sta sviluppando si chiama Giuseppe Caputo
e lavora all’Università di Palermo. “Riusciamo a fare spray che permettono di
formare particelle con una dimensione appropriata, dell’ordine di 1-3 micron “.
Abbastanza leggere per ricevere la spinta e raggiungere le nuvole, ma anche
sufficientemente piccole e numerose per ottenere l’effetto desiderato. Davvero
l’idea di Lathman e gli spray di Caputo possono contenere il global warming?
“Le politiche non stanno funzionando” dice l’italiano: “La riduzione delle
emissioni certo è la strada maestra, ma serve un piano B, una alternativa.
Questa ricerca va proprio in questa direzione.
Fabio Lepore – Riscaldamento globale – L’Espresso – 5
febbraio 2015
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