Puoi votare, astenerti,
espatriare. Ma la condanna è a vita. Non potrai mai scegliere il destinatario
del seggio per il quale stai inserendo la scheda nell’apposita feritoia. C’è
gente che vota da anni lo stesso partito come se giocasse al lotto, sogna di
vincere, ma i suoi candidati sono sempre ritardatari. Il seggio ha una sua vita
propria, una sadica influenza su chi cerca di contrastarlo, una longevità
autonoma. L’occupante del seggio sa che le preferenze esistono ma non si
ottengono col voto, sa di vivere in una capsula impermeabile al mondo comune e
ruotante in un’orbita stabilita per sempre dello spazio politico infinito, sa
che sul suo scranno deve fare ginnastica tutte le mattine secondo le
indicazioni del suo personal trainer. Sa anche che il cambiamento è sempre
possibile. Perché l’uomo passa, ma il seggio resta.
maxbucchi@yahoo.it – Venerdì di Repubblica – 13
febbraio 2015 -
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