La vittoria di Syriza in Grecia costituisce, per ragioni
oggettive, un evento storico: per la prima volta dal dopo guerra (con la
parziale eccezione di Cipro) un paese europeo vede alla guida del governo, con
una maggioranza quasi assoluta, mancano appena due voti, un partito della
sinistra radicale. Syriza non appartiene alla famiglia socialista europea. E’
nato in opposizione al grande partito socialista della dinastia Papandreu, il
Pasok, che alle elezioni del 2009 dominava con il 43,9%. Le fortune della
formazione di Alex Tsipras sono state costruite in opposizione alle politiche
di rigore, condivise anche dal Pasok. (..) . La Brigata Kalimera che è partita dall’Italia per
festeggiare la vittoria di Alexis Tsipras farebbe bene a non coltivare troppe
speranze di riscatto. La potenza di fuoco della leadership renziana fa terra
bruciata intorno a sé. (..). Analoghe difficoltà a replicare il successo greco
si riscontrano negli altri paesi europei con la sola eccezione della Spagna.
Qui il movimento di protesta, raccolto sotto il Podemos di Pablo Iglesias, trae
linfa dalla polemica contro un partito socialista a lungo al governo,
considerato responsabile della crisi e “traditore” degli interessi del polo.
Altrove non vi sono le stesse condizioni per una radicalizzazione, sia per la
minore virulenza delle crisi interne, sia per la mancanza di un target polemico
mobilitante, cioè un partito socialista “fellone”. La stessa Francia, paese
anch’esso governato dai socialisti, sia per i vincoli del sistema elettorale e
istituzionale, che per la sfida dell’estrema destra, non offre terreno propizio
al Front de Gauche di Jean-Luc Mélenchon. Se
Gli Effetti Imitativi nei sistemi partiti nazionali saranno ridotti, invece
Syriza può avere un forte impatto sul piano comunitario. Privo com’è di
consuetudini ai piani alti della tecnocrazia di Bruxelles e di rapporti
consolidati con altri partner europei. Tsipras può affiancare alle richieste di
revisione delle condizioni dei prestiti la carta “alta” del ripensamento dei
rapporti comunitari. Forte dell’imprevedibile endorsement di Barak Obama per
cui “non si può continuare a spremere paesi in piena depressione”, della
lettera aperta dei premi Nobel Joseph Stiglitz e Chris Pissarides e di altri economisti,
oltre che di autorevoli pareri di istituzioni finanziarie, il primo ministro
greco ha buone carte in mano per condurre un negoziato serrato con Bruxelles. Poi,
al di là di questo obiettivo specifico, l’iniziativa di Atene in sede Ue punta
a ridiscutere, in positivo, il progetto stesso dell’Unione. Con, al fondo, una
domanda precisa: come è possibile continuare a condividere vincoli e decisioni
senza che vi sia una solidarietà comune? Così come i Lander tedeschi non
vengono fatti fallire se entrano in crisi, e la Germania per anni ha sostenuto
finanziariamente quelli dell’ex Ddr, allo stesso modo, secondo il governo
greco, gli stati europei devono essere legati dalle medesime reti di
protezione. In questo quadro, la conferenza tra creditori e debitori proposta
da Tsipras costituisce un passo importante per ripensare i rapporti tra gli
stati all’interno dell’Ue. E non solo per risolvere il problema ellenico, bensì
per ridare forza al progetto europeo e rispondere ai venti euroscettici.
Piero Ignazi – Poteri&poteri – L’Espresso – 12 febbraio
2015 -
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