Inizia con piccole macchie bordate di giallo nelle foglie,
prosegue con la fuoriuscita di una sostanza densa e quasi trasparente dal
tronco e in breve tempo fa calare la produzione dei frutti. Sono questi i
sintomi – che portano alla morte delle piante entro un paio d’anni – della Psa
(Psedomonas syringae actinidiae), meglio conosciuta come batteriosi del kiwi.
Diffusa anche in Italia, è letale per le piante, non colpisce i frutti e dunque
non ha alcuna conseguenza sulla salute dell’uomo. Ma è una vera iattura per gli
agricoltori e un problema per il nostro Paese, che occupa il secondo posto tra
i produttori, subito dopo la Cina e davanti alla Nuova Zelanda. Dove per
contrastare il fenomeno si utilizzano gli antibiotici, che sono vietati in
Italia. Per questo nei laboratori sono diversi i gruppi di lavoro impegnati
nella ricerca di soluzioni. “Cerchiamo di capire come fanno a comunicare i
batteri tra loro e con la pianta, e in particolare come fa il batterio a
eluderne i meccanismi di difesa”, spiega Vittorio Venturi, a capo di un team
del laboratorio di batteriologia dell’Icgeb
di Trieste. Scoperte recenti hanno infatti confermato l’ipotesi che i
batteri costituiscano una sorta di comunità in cui ognuno può trasmettere
informazioni agli altri. “Vogliamo arrivare a confondergli le idee,
interferendo su questi meccanismi di comunicazione”, spiega Venturi. Perché
batteri che non scambiano informazioni non possono far ammalare la pianta.
M. Perrone e V. Bachini – Scienze & Tecnologia – L’Espresso
26 febbraio 2015
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