Un cattolico non diventa tale dopo aver capito a fondo il
messaggio del Vangelo e aver letto attentamente il Catechismo della Chiesa
cattolica, nonché la storia della Chiesa. Di norma ci si trova a essere
cattolici, perché sin da piccoli si cresce in ambiente cattolico. Alcuni,
diventanti adulti, cominciano a mettere in discussione le posizioni della
Chiesa su temi importanti che riguardano la loro vita e quella degli altri. Può
capitare che su questo o quel problema il loro pensiero sia diverso da quello
della Chiesa, ma ciò non basta per far sì che non si sentano più
cattolici.(..). Altri, invece, soprattutto se il loro pensiero diverge da
quello del Magistero, cessano di essere cattolici. Altri ancora rinunciano a
priori a ragionare autonomamente e affermano: io sono cattolico, sto nella
Chiesa e accetto le regole della Chiesa. Il che significa: qualsiasi decisione
la Chiesa prenda, anche su problemi etici nuovi che il progresso scientifico
dovesse far nascere, a me sta bene. La mente, la sensibilità, il senso di
giustizia della gerarchia ecclesiastica, diventano la loro mente, la loro
sensibilità, il loro senso di giustizia. Alla coscienza antepongono
l’ubbidienza.
Attilio Doni – attiliodoni@tiscali.it
Le differenze che lei evidenzia tra quanti, pur non
concordando con le posizioni della Chiesa, non si allontanano e sia pure con
qualche riserva rimangono nel suo recinto, e quanti invece si allontanano non
condividendo le posizioni di volta in volta assunte dal Magistero
ecclesiastico, ai miei occhi non sono assolutamente rilevanti, e neppure
dipendono dall’anteporre la coscienza all’ubbidienza o l’ubbidienza alla
coscienza. Il motivo è dovuto al fatto che, prima di essere una fede da cui discende una morale, la religione
è il più importante fattore antropologico che fonda l’identità di un popolo,
per cui, per esempio esempio che si creda o non si creda in Dio, noi
occidentali siamo tutti cristiani, perché la nostra antropologia è stata
plasmata dai valori cristiani dell’uguaglianza degli uomini, che prima
dell’avvento del cristianesimo non era riconosciuta, della loro libertà in
contrapposizione alla diffusa schiavitù, della fraternità che invita a trattare
il prossimo come se stessi. Se ci fa caso, questi valori sono stati ripresi
dall’Illuminismo e dalla Rivoluzione Francese, che i cristiani da un lato e i
laici dall’altro amano contrapporre ai principi religiosi, quando invece con
“uguaglianza, libertà e fraternità” l’Illuminismo non fa che ribadire i valori
di fondo enunciati dal cristianesimo. Ma lo stesso si può dire del marxismo
che, almeno idealmente, oltre all’uguaglianza e alla fraternità, cerca di dare
concretezza alla parola “libertà”, che non è tale se non si hanno sufficienti
risorse economiche per poterne fruire. (..). Proprio perché la religione, prima
di essere una fede, è un’antropologia che affonda le sue radici nel sentimento
e nel vissuto profondo, che sono alla base dell’identità di un popolo e della sua
appartenenza a un sistema di valori condiviso, le guerre di religioni sono le
più feroci e cruente, perché promosse non da interessi contrastanti che si
possono discutere e risolvere con strumenti razionali, ma da quel sottofondo
irrazionale in cui radica l’identità e l’appartenenza di un popolo. (..). Per
questo non è interessante stabilire se si è cristiani per obbedienza o per
coscienza, perché si è cristiani comunque (atei compresi) per il solo fatto che
si è occidentali. Cristianesimo e Occidente sono nati insieme, hanno avuto nel
bene e nel male la stessa storia, avranno perciò lo stesso destino.
umbertogalimberti@repubblica.it
– Donna di Repubblica – 7 febbraio 2015 -
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