Affrontare l’irruzione tragica nella vita di una persona di
una malattia come la Sla non è facile. Le persone colpite vedono ridursi
gradualmente le proprie capacità di muoversi, di parlare, di deglutire e di
respirare. L’assistenza sanitaria è assai complessa e spesso le istituzioni
sono in difficoltà di conseguenza i malati e le loro famiglie si trovano
frequentemente da soli. E’ beffardo che si debba aggiungere ulteriore angoscia
alla vita di queste persone a causa di incertezze sulle regole che riguardano
le decisioni di fine vita. L’Aisla (Associazione italiana Sla) ha stilato un
documento di riflessione su”Le scelte terapeutiche della persona affetta da
Sla”. Vi affermiamo che le norme costituzionali deontologiche ed etiche definiscono
chiaramente che solo la persona malata può valutare se gli interventi sanitari
che vengono proposti sono proporzionati alla propria condizione e quindi non
lesivi della propria dignità di vita. Da un lato c’è il dovere del sanitario di
informare il malato e sulle procedure e dall’altro c’è il diritto del malato di
decidere a quale trattamento sanitario sottoporsi o non sottoporsi. In questo
contesto va riconosciuto il diritto a rinunciare ai trattamenti inizialmente
accettati e che la persona può considerare a un certo punto dell’evoluzione
della malattia come sproporzionati. Tale decisione non è eutanasia, ma rientra
nell’ambito del diritto al consenso informato. (..). Si è fatta chiarezza su un
argomento troppo spesso confuso, per ideologie o ignoranza, più che per
supposti vuoti legislativi.
Presidente della
Commissione medico-scientifica Aisla
Mario Sabatelli – Fine vita – L’Espresso – 19 febbraio 2014 -
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