L’idea che il denaro
sia “lo sterco del diavolo” è di sicuro antistorica e ormai ridicola, ma è
inquietante come i soldi siano diventati in pochi decenni la misura di ogni
cosa, l’unico valore universale riconosciuto. Si parla molto di
finanziarizzazione della vita quotidiana. E’ diventato banale dire che viviamo in un mondo
di consumatori, dove il valore che ha segnato la formazione di tante
generazioni, il lavoro, è del tutto svalutato. Fino agli anni Settanta e ancora
Ottanta la ricchezza estrema era circondata dal discredito, quasi condannata.
Oggi accade il contrario, la povertà è diventata una colpa inemendabile, ma non
si direbbe che il capitalismo o il mercato funzionino oggi meglio di allora.
D’altronde aver avuto alla guida dell’Italia l’uomo più ricco del Paese ha
guarda caso coinciso con il peggior periodo di declino economico dal
dopoguerra. Il denaro è diventato anche la misura di ogni valore culturale o
artistico. Un capolavoro del cinema o un romanzo meraviglioso sono ignorati se
non ottengono successo di botteghino nei primi giorni di uscita. La critica è
del tutto schiava del mercato e anche quella sedicente colto preferisce
alimentare il dibattito su fenomeni di costume, bestseller e film di cassetta
di desolante miseria intellettuale, piuttosto che andare alla scoperta di
talenti. Laddove i critici a volte si mescolano con gli speculatori finanziari,
per esempio il mercato dell’arte, si assiste a un vero impazzimento. Un quadro
di Courbet vale circa un ventesimo dello squalo di Damien Hirst, uno squalo
tigre vero conservato (male) in formaldeide che è stato venduto a un’asta per
12 milioni di euro, prima di decomporsi insieme al capitale dell’incauto
collezionista. Man mano che il denaro diventa sempre più centrale, se ne perde
il controllo. I nostri risparmi sono usati a nostra insaputa dalle banche e
spesso sprecati nei giochi di un capitalismo da casino per comprare derivati o
azioni spazzatura. I soldi sono scollegati dal nostro lavoro, dall’economia
reale e anche dal nostro ruolo di cittadini. Le società borghesi nascono dal
patto della rivoluzione americana: niente tasse senza rappresentanza politica.
Oggi noi paghiamo tasse imposte ai governi da entità sovranazionali non elette
da nessuno, come il Fmi o la Bce. Istituzioni tecniche che governando le monete
pretendono quindi di esercitare
sovranità diretta sulla vita dei popoli. Come si pensa che una moneta, l’euro,
possa da sola costruire una comunità fra decine di popoli in guerra da secoli?
Curzio Maltese – Contromano –
Il Venerdì di Repubblica - 13 febbraio 2015 -
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