ISono un quarantenne single ed eterosessuale. Riflettevo sul
fatto che l’assuefazione e immagini erotiche e pornografiche potrebbe avere
anche un aspetto positivo: voler incontrare una donna non avendo come fine
principale l’atto sessuale, ma il desiderio di comunicare. Non sono però del
tutto sicuro che comunicare sia il desiderio primario che una donna vuole
soddisfare in una relazione di coppia. Fino ad ora la mia tendenza ad
attribuire molta importanza all’aspetto erotico e ludico è stata ben accolta
dalle poche donne con cui ho avuto relazione. E’ anche vero che avendo
consumato moltissime energie psichiche ed emozionali in una relazione terminata
in modo traumatico, avverto che più le situazioni deludono, più la fiducia
negli altri vacilla e lo strato di corteccia utile a preservarci dalle
delusioni si fortifica. Il risultato di queste combinazioni è la solitudine,
che non è ancora isolamento, ma
ripetizione inutile delle stesse abitudini (..). Tutto resta confinato
nell’interiorità, perché ti rendi conto che sono in pochi a essere ben disposti
ad accogliere parole che possono in qualche modo migliorare la nostra coscienza
e il nostro modo di relazionarsi con gli altri.
Massimo Ta. –alvarore@libero.it
La sua lettera mi ha incuriosito per la qualità del suo
cinismo, che ha più il sapore di un’invocazione che quello, alimentato dal
nichilismo, tipico di chi ha concluso che in ogni caso non c’è più niente da
fare per migliorare una situazione (…) sembra che la svolta gliel’abbia data la
noia della pornografia. . Questa ha il suo maggior difetto nel fatto che, sul
tema che vuol essere sessuale, non gioca sui volti, sulle parole, sugli sguardi
che lasciano intendere le intenzioni e alimentano il desiderio, ma unicamente
sugli organi sessuali. Servendo così solo a scoraggiare chi non si ritiene
all’altezza delle prestazioni ostentate.
La pornografia non conosce il desiderio che si alimenta della mancanza
dell’oggetto desiderato, ma solo la ripetizione reiterata e monotona di gesti
sessuali prevedibili e tutti uguali, per farci affondare in un mare di noia.
(..). Ma la sua esperienza l’ha condotta a concludere che le donne, che
vogliono essere amate per la loro anima e non per il loro corpo, si annoiano
quando, astenendoci dal sesso, si prende a parlare con loro: o delle cose che
accadono nel mondo, o dei temi che la cultura sa offrire a chi frequenta
teatri, cinema, libri. (..). Per entrare in comunicazione con loro è tuttavia
necessario che gli uomini scoprano la propria anima, la loro parte femminile,
che spesso non hanno o tendono a nascondere il più possibile, fino a perderne
le tracce. (..). L’altro pezzo non è la dolcezza melensa o lo sdilinquimento
ridicolo, ma la capacità di ascoltare le narrazioni femminili. con la
sensibilità di chi va oltre la narrazione stessa, per catturare quanto di
allusivo c’è in quella narrazione quando di non detto c’è, nel racconto, che
vuole essere scoperto e compreso. Solo dopo è possibile fondersi nei giochi
d’amore, che rilanciano altri racconti. La comunicazione è questa, ma ci vuole
una grande capacità di ascolto e una curiosità di scoprire quel che la donna
cela e nell’immediato non appare. (..) occorre che il maschio rinunci a celebrare
il suo io, pensando ingenuamente di far colpo sulla donna, e si disponga
all’ascolto, non tanto di quel che la donna dice, quanto di ciò che lascia
intravedere e intendere col suo dire. Ne siamo all’altezza?
umberogalimberti@repubblica.it
– Il Venerdì di Repubblica – 21 febbraio 2015
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