Se Matteo fa bling
bling
Per i francesi è quel
tintinnio di gioielli che indica uno stile di vita appariscente.
Fa pensare a Renzi che
pranza con Signorini e vede lo stilista Cavalli… Ma il candidato alla
leadership del Pd non ha capito che la comunicazione è una cosa seria?
La vittima più illustre ne fu Nicolas Sarkozy. Ci riferiamo
all’effetto bling bling, espressione onomatopeica che richiama il tintinnio dei
gioielli e che indica l’ostentazione di uno stile di vita appariscente. All’ex
presidente francese il marchio bling bling, fu attribuito dai media soprattutto
per le frequentazioni vip e milionarie. Il crollo della sua popolarità fu
legato in primo luogo alla percezione dell’inefficacia della sua politica
economica, ma un ruolo fu svolto anche dall’immagine bing bling che Sarkozy
proiettò sin dall’inizio e della quale fece poi fatica a disfarsi.
Perché Ne Parliamo? Perché, in scala minore, nella
politica italiana qualcun altro oggi rischia di subire quell’effetto: Matteo
Renzi. Certo, Renzi non ostenta vistosi Rolex e non si fa ospitare in sontuosi
yacht di amici milionari. Ultimamente, però, alcuni nomi sono stati affiancati
al suo, in particolare quelli dell’eccentrico stilista Roberto Cavalli, del
quale ha presentato il libro a Milano, e quello di Alfonso Signorini, direttore
del settimanale “Chi” (“catalogo devozionale della Real Casa”, quella di
Berlusconi, ovviamente, nelle parole di Filippo Ceccarelli), con il quale è
andato a pranzo a Firenze.
Non ci interessa proporre valutazioni moraleggianti sugli
incontri del sindaco di Firenze. Ci chiediamo però a cosa servano e soprattutto
come incidano sulla sua immagine.
E’ attraverso la propria immagine che un leader trasmette – o
non trasmette – fiducia, sicurezza, dinamismo e tutti quei tratti della
personalità che gli consentono di affermarsi presso l’opinione pubblica. E
l’immagine prende forma attraverso una molteplicità di fattori: l’aspetto, la
mimica, il tono della voce e il modo di esprimersi, la forma e i contenuti dei
discorsi, i comportamenti pubblici filtrati e riproposti dai media.
Renze da ingenui ritenere che quegli incontri “vip"i ne
è sicuramente consapevole e sarebbe da ingenui ritenere che quegli incontri
“vip” siano stati casuali. Il sindaco di Firenze vuole guadagnare una fetta di
consensi anche nel mondo del centrodestra e probabilmente ha ritenuto che anche
quella possa essere una strada. Ma qui, purtroppo, siamo di fronte all’ennesima
dimostrazione che quando si vuole fare tutto da soli, non sempre si sceglie la
via più appropriata. Forse qualche saggio consigliere, qualcuno che di
comunicazione ne sa un po’ più di lui, avrebbe potuto fargli notare che del
berlusconismo non è da recuperare l’aspetto glamour. Chi si abbevera al gossip
nostrano e alla soap di Silvio, <Piersilvio, Marina, Barbara eccetera, non
ha motivo di innamorarsi del giovane fiorentino del quale non c’è molto da
raccontare, rimane fedele al suo istrionico narratore di favole.
Ciò che c’è da recuperare della vicenda berlusconiana è la
rivoluzione liberale (tradita), quella rivoluzione che interessa il cosiddetto
ceto medio produttivo, quei lavoratori autonomi, quelle partite Iva che anche a
causa di uno Stato parassitario e inefficiente stanno andando verso
l’impoverimento o l’esilio volontario. A questo insieme di cittadini si
comunica trasmettendo un’immagine di solidità, di sicurezza, di volontà e
decisione, proponendo contenuti chiari e convincenti. Di Cavalli e Signorini a
quegli elettori non importa molto, anzi potrebbero provare fastidio di fronte a
comportamenti che – vero o non vero o non vero che sia – comunicano una certa
vacuità e superficialità, una tentazione bling bling. Jacques Séguéla avrebbe
potuto suggerire a Renzi che nell’epoca della crisi le campagne più efficaci
sono quelle “alla Merkel che fa la spesa al supermercato vicino a casa”.
E non serve a nulla fare ironia preventiva sulle critiche
attese o spendersi in tv per spiegare il perché di quelle scelte. Ciò che conta
è l’immagine che si proietta e che non si cancella con parole di sufficienza,
un po’ annoiate o seccate.
La Comunicazione è una cosa seria ed è un errore
credere che si possa fare affidamento solo sulle proprie naturali capacità.
Sorprende che Matteo Renzi non se ne sia ancora convinto fino in fondo. Vediamo
quanto ancora vorrà farci aspettare.
Sofia Ventura – L’Espresso – 3 Ottobre 2013
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