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lunedì 19 giugno 2017

Lo Sapevate Che: Winston Churchill gigante nevrotico...



Un Churchill così non l’avevo mai visto, né immaginato. Non che l’abbia conosciuto o incontrato di persona. L’ho intravisto soltanto di sfuggita, una volta, da lontano, alla fine dei Cinquanta, non tanto prima dell’anno (1965) in cui morì più che novantenne. Era sul ponete di uno yacht, della famiglia Vanderbilt, ancorato a Antibes. Passai veloce a pochi metri, a bordo di una ben più modesta imbarcazione, e mi sembrò di vedere un’immagine antica. La sagoma, la faccia, il sigaro mi erano talmente familiari, come a tanti altri milioni di coetanei, che lo riconobbi subito. Era e resta uno dei personaggi più popolari del nostro tempo, Ci è stato proposto in mille modi. E di istinto collocandolo nella Storia, lo vediamo come una figura con grande forza di carattere, coraggio, ironia, genialità. In più di sessant’anni di attività (politica, guerra, giornalismo, scrittore con Premio Nobel) ha contribuito al destino del mondo. L’ha anche a volte determinato. In particolare quello europeo. Questa premessa è per molti lettori superflua. Ma ci porta al film (non ancora uscito in Italia) del regista australiano Jonathan Teplitzky che gli è dedicato e che ha come titolo il suo nome, “Churchill”. Già il nome asciutto annuncia il carattere intimo dello spettacolo. Ed è ovvio. Dopo tanti chilometri di pellicola dedicati alla Seconda guerra mondiale il cinema abbandona ogni tanto le grandi epopee e punta l’obiettivo sui personaggi, lasciando il conflitto sullo sfondo. E del personaggio scelto, quando si tratta di un monumento come Winston Churchill, è meglio che l’attenzione si limiti a un episodio. È sufficiente. Jonathan Teplitzky e lo sceneggiatore Alex von Tunzelmann non sono stati modesti. Hanno scelto lo sbarco in Normandia, e hanno raccontato le ore precedenti a quell’avvenimento decisivo del 6 giugno 1944. Nessuna battaglia, niente schieramenti di truppe, ma al centro dello schermo sempre il personaggio Churchill, il primo ministro britannico tormentato dagli interrogativi sulla necessità dell’operazione rischiosa. Il cui costo umano poteva essere enorme. E forse vano. Lo scozzese Brian Cox interpreta un Churchill decrepito (nella realtà vivrà ancora più di vent’anni), collerico, alcolizzato, indeciso, truculento, testardo. Un Churchill così non l’avevo appunto mai immaginato. Dalla sua biografia aggiornata risulta che non fu soltanto un leader politico ideale. Quando era un liberale fu il promotore di leggi sociali avanzate, e quando era un conservatore fu un primo ministro inflessibile durante il Blitz di Londra. La sua resistenza isolata, nell’attesa di russi e americani, ha poi consentito di sconfiggere Hitler. Allora la grande porta della Storia gli si è spalancata davanti. Ma in altri momenti della vita politica assunse anche atteggiamenti razzisti (detestava Gandhi) e si addossò pesanti responsabilità quando negò gli aiuti indispensabili al Bengala durante la carestia del 1942, che fece tre milioni di morti. È stato insomma un gigante politico non privo di ombre. La sua fu una lunga vita. Ma il Churchill creato da Jonathan Teplitzky e interpretato Brian Cox sfiora il grottesco. Sullo schermo si muove un anziano signore nevrotico che insegue un sigaro. Brian Cox interpreta il ruolo di un uomo angosciato che nessuno più ascolta. La moglie Clementine gli toglie la parola, lo trattano male; per non parlare del genero, l’americano Eisenhower e il britannico Montgomery, che non gli danno retta quando mette in dubbio l’opportunità dello sbarco. Lo ascoltano come se fosse un settantenne fuori servizio. Eppure dal non esaltante film che mostra un Churchill improbabile, lontano da quello rimasto nelle nostre memorie, affiora una situazione interessante. Vediamo un primo ministro ansioso di avere gli americani al suo fianco in una guerra che non può vincere da solo, ma che sentendosi poi all’ombra della loro potenza cerca invano di imporsi agli alleati indispensabili e invadenti. Nel dramma del Churchill di Jonathan Teplitzky c’è il vecchio impero britannico che tramonta e l’impero degli amici americani che trionfa. La Storia si aggiornava.  Fu una fortuna per l’Europa. Un presidente illuminato, quale era Roosevelt, ha potuto salvare il mondo con lo scomodo Churchill, complice e concorrente. Un esempio cui potrebbero ispirarsi i successori nell’America d’oggi, in difficoltà con i naturali alleati, sia pure in tempi assai meno drammatici.
Bernardo Valli – Dentro E Fuori – L’Espresso – 11 giugno 2017 - 

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