Seduzione e trasformazione. Sono i due
ingredienti base dell’amore. La ricetta non dice come vanno assemblati,
altrimenti ogni storia finirebbe prima di cominciare. Lo rivela Amori divini,
una bellissima mostra che ha aperto i battenti martedì scorso al museo
Archeologico di Napoli e chiuderà il 16 ottobre. L’esposizione curata da Anna
Anguissola e Carmela Capaldi, coadiuvate da Luigi Gallo e Valeria Sampaolo,
propone un affascinante percorso attraverso la mitologia amorosa
dell’antichità. E la permanenza nel nostro immaginario dei suoi elementi fissi.
Attrazione fatale e soprattutto metamorfosi. Perché, da che mondo è mondo,
quando si ama non si è più quelli di prima. Che poi a metterci il furbo
l’adrenalina della passione o l’opera di un Dio, certo è che il rapimento
d’amore ha sempre qualcosa di soprannaturale. Lo testimoniano le opere esposte,
proveniente dal vastissimo giacimento pompeiano, ma anche dall’Hermitage di San
Pietroburgo, dal Louvre, dall’ Kunsthistorisches Museum di Viennna, che
raccontano le più celebri love story del mondo classico. Apollo e Dafne, Eco e
Narciso, Giove e Leda. In ogni caso ameno uno dei protagonisti muta forma. E
diventa un animale, come Giove una pianta, come Dafne, un suono come Eco.
Storie bellissime, raccolte nelle Metamorfosi
di Ovidio, quell’enciclopedia del mit che ha ispirato turbamenti e
trasalimenti amorosi di ieri e di oggi. Ed è merito del direttore Paolo
Giulierini aver scacciato dalle austere sale dell’Archeologico quello che
Garcia Lorca chiamava il terribile moscone della noia che infilza le teste con
un tenue filo di sonno. Invece le frecce di cupido hanno infilzato il moscone.
E le muse sono tornate al museo.
Marino Niola – Miti d’Oggi – Il Venerdì di La Repubblica – 9
giugno 2017 -
Nessun commento:
Posta un commento