La musica rilassa, allevia i malumori,
aiuta a entrare in sintonia con gli altri. Ma può anche, addirittura, curare.
L’interesse della comunità scientifica per le proprietà terapeutiche della
musica sta crescendo e diversi studi hanno già dimostrato la sua efficacia nel
trattamento di patologie neurologiche e psichiatriche. “In realtà l’uso della
musica a scopo terapeutico ì antico, ma solo negli ultimi anni ci si sta
spostando al piano puramente empirico e aneddotico a quello scientifico”. A
parlare è Alfredo Raglio, coordinatore del Master in Musicoterapia
dell’Università degli studi di Pavia e responsabile del Laboratorio di ricerca
in musicoterapia degli Istituti clinici scientifici Maugeri. E’ lui a
coordinare la prima sperimentazione sull’uso della musica per la cura della
fibromialgia, malattia nervosa che causa un aumento della tensione muscolare
condannando chi ne soffre a dolori continui. I sessanta pazienti che
parteciperanno al test valuteranno l’efficacia di “antidolorifici musicali”,
ovvero “brani con caratteristiche “de-attivanti” a livello emotivo che,
determinando una condizione di rilassamento e distrazione, possono contrastare
lo stress a cui i malati sono costantemente sottoposti”. I brani sono composti
da un’intelligenza artificiale, l’algoritmo Melomics-Health sviluppato da
Raglio e Francisco J. Vico dell’Università di Malaga. “Dalla letteratura
scientifica sappiamo che esistono parametri musicali – il tipo di andamento
ritmico r tonale, il timbro o la densità – in grado di esercitare un effetto de-tensivo
sul piano fisico e psicologico. Noi inseriamo questi parametri nell’algoritmo e
lui li combina in sequenze di note di circa tre minuti. In gergo-tecnico si
chiamano “monodie”, linee melodiche molto semplificate senza supporto
armonico”. Questa terapia quindi non prende in considerazione brani conosciuti
per avere la sicurezza che l’eventuale effetto rilassante sia dovuto
esclusivamente alle caratteristiche della musica e non a un condizionamento
emotivo (un brano familiare potrebbe riportare alla mente ricordi o sensazioni
piacevoli, fatto terapeutico di per sé). “Usiamo l’intelligenza artificiale
perché vogliamo ottenere una standardizzazione dello stimolo: eliminiamo la
componente culturale – le sequenze generate dall’algoritmo non rispondono alle
regole tradizionali della musica – per verificare quanto il parametro musicale
è sufficiente a ottenere l’effetto desiderato. Vogliamo che la musica abbia un
effetto terapeutico, non estetico”. I pazienti sono divisi in tre gruppi:
alcuni ricevono le terapie convenzionali per la fibromialgia, altri le
integrano con l’ascolto di canzoni scelte personalmente, altri ancora con
l’ascolto di brani creati dall’algoritmo; l’efficacia di ciascun trattamento
sarà misurata con scale cliniche per la valutazione del dolore, della
condizione clinica generale e della qualità di vita. “Contiamo di concludere la
sperimentazione in un anno” dice Raglio, “se i risultati saranno positivi,
avremo un’altra opzione per la cura del dolore e un approccio sperimentale
basato sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale, che si potrà poi rivelare
valido anche per altre patologie”.
Martina Saporiti – Scienze – Il Venerdì di La Repubblica – 23
giugno 2017 -
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