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mercoledì 7 giugno 2017

Lo Sapevate Che: Corsa ai test per giocare d'anticipo sui tumori...



Per rendere i tumori una malattia quasi sempre curabile basterebbe individuarli quando sono ancora una piccola, asintomatica massa di cellule anomale, confinata in un solo organo e facile da asportare. Fantascienza? Niente affatto: gli sviluppi di genetica, immunologia e informatica stanno rendendo possibile realizzare test sul sangue che individuano le neoplasie prima ancora che siano visibili con la Tac. Nei primi giorni di maggio ne sono state annunciate ben quattro versioni diverse. Del primo di questo test. Chiamato Iset, si è discusso molto dopo che la sua inventrice, Patrizia Paterlini-Bréchot, docente di biologia all’Università di Paris-Descartes, l’ha presentato nel suo libro Uccidere il cancro (Mondadori, pp224, euro 17,90) w in tv. Iset funziona filtrando da un campione di sangue le cellule che si sono staccate dagli organi, e poi controllando se fra di esse ci siano cellule tumorali. “Si tratta di un tipo di esame già usato per verificare l’efficacia delle terapie antitumorali” spiega Rosa Marina Melillo, ricercatrice all’istituto di oncologia ed endocrinologia del Cnr, “ma presentarlo come test di individuazione di neoplasie prima che diano sintomi credo sia prematuro”. I dubbi dipendono dal fatto che la validazione di Iset come metodo preventivo si basa su uno studio del 2014 fatto su sole 240 persone, di cui 168 a grave rischio di tumore ai polmoni. Il test rivelò la presenza di cellule tumorali in cinque dei soggetti a rischio, che vennero poi seguiti: In pochi anni tutti svilupparono tumori ai polmoni visibili alla Tac, che furono asportati prima che producessero metastasi, salvandoli. “Era un campione piccolo e ad alto rischio per un solo tumore. Non sappiamo se e quando i molti tipi di cancro esistenti rilascino cellule nel sangue e se rilevarle basti a scoprirli in tempo o se invece provochi troppi falsi allarmi, visto che tanti tumori in fase iniziale vengono poi distrutti dal sistema immunitario”. L’annuncio di altri due test, ancora in fase di sviluppo, è arrivato dalla California. Entrambi si basano sul fatto che le cellule tumorali, quando muoiono, rilasciano il loro Dna nel sangue: il punto è come scoprirlo e capire in quale organo il tumore si stia sviluppando. Kun Zhang, bioingegnere dell’Università della California, e Shuli Kang, ricercatore di biologia molecolare e bioinformatica dell’Università della Southern California, hanno indipendentemente scoperto che il Dna tumorale si può individuare perché presenta una metilazione permette anche di capire da quale organo provenga la cellula che ha rilasciato quel Dna. Un sistema simile, chiamato Helixafe, lo ha ideato in Italia Bioscience Genomics, uno spin off dell’Università di Tor Vergata a Roma. “Il genoma delle cellule subisce continue mutazioni: quando alcune di queste si sommano in una cellula, questa può diventare tumorale” spiega l’oncologo Andrea Mancuso, dell’Ospedale San Camillo di Roma. “Helixafr individua nel Dna delle cellule degli organi circolanti nel sangue 2.800 possibili mutazioni di 50 geni di interesse oncologico. Il test ora viene usato per valutare la reazione dei tumori alla terapia, ma pensiamo possa servire anche per individuare nei primi stadi o addirittura segnare il rischio che si formino. Lo studio è su un vasto campione, i risultati li avremo tra dieci anni”. Per essere utile Helixafe dovrà essere ripetuto ogni anno: la prima volta misurerà il livello di base, dipendente da genetica e abitudini di vita, delle mutazioni presenti nella persona sana, poi, anno dopo anno, verificherà se quel livello è aumentato e, in questo caso, quale organo abbia rilasciato le cellule mutate. Ma se viene individuato un tumore come si procede? “È un punto delicato, sia perché non è detto che poi si sviluppi, sia perché, se non è ancora rilevabile alla Tac, non lo si può asportare né attaccare con le terapie antitumorali” spiega Melillo. “Però” dice Mancuso “la persona può essere seguita con attenzione, ripetendo il test e controllando l’organo coinvolto”.
Alex Saragosa – Scienze – Il Venerdì di La Repubblica – 2 giugno 2017 -

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