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venerdì 30 giugno 2017

Lo Sapevate Che: Sognando la California, ma non i suoi contrasti...



 “Finalmente a San Francisco. È lì, nella città che prende il nome da Francesco d’Assisi ma che in Italia è un suono speciale, un’immagine, un sogno, che ho pensato che davvero si poteva cambiare la vita di tanti uomini e donne rinchiusi in un altro mondo, un mondo che ancora conoscevo poco. Era un giorno di novembre del 2000…”. Comincia così il diario di Mario Marazziti, uno dei fondatori della Coalizione mondiale contro la pena di morte, nata con il contributo della Comunità di Sant’Egidio. Parte da una data che è un ricordo comune. Anche per me, 17 anni fa, cominciava una storia nuova: a San Francisco misi radici, nel mio girovagare di nomade globale. Nel luglio 2000 mi raggiunsero moglie e figli, per l’inizio della nostra lunga avventura californiana. La mia missione numero uno era raccontare la prima rivoluzione di Internet, negli anni d’oro di Steve Jobs, un’epoca ormai remota in cui Google era semi-sconosciuto e Facebook non era ancora nato. Seconda missione: usare la West Coast come un osservatorio e un trampolino di lancio, esplorare le nuove frontiere della globalizzazione che allora procedeva impetuosa verso l’altra sponda del Pacifico, per fare entrare la Cina. Fu una sorpresa il primo incontro con Marazziti a San Francisco. E uno shock. Sapevo della pena di morte in America, certo, e da italiano ero istintivamente contrario, senza avere mai approfondito il problema. Lui mi venne a trovare pochi mesi dopo il mio trasloco, mi raccontò di quel grande raduno mondiale contro la pena capitale. C’era suor Helen Prejean, la monaca militante che era stata interpretata da Susan Saradon nel film Dead Man Walking (storia vera). Erano venuti a quel raduno alcuni politici americani e qualche celebrity, impegnati per una causa umanitaria non molto popolare negli Stati Unii. Marazziti mi raccontò del supercarcere di San Quentin, che si affaccia su un ramo della splendida baia di San Francisco, e del suo braccio della morte. Perché la California – il più progressista degli Stati Usa – vantava un terribile record di condanne alla pena capitale. Non necessariamente eseguite. Ma che contribuivano a riempire quel braccio della morte. Il continuo rinvio, l’uccisione annunciata senza una data certa, quel messaggio terribile che dice a un essere umano “ti farò fuori ma non ho ancora deciso quando”, si presta all’obiezione di anti-costituzionalità. Nella Costituzione degli Stati Uniti è vietato ogni castigo “crudele e inusuale”. Grazie a Marazziti e a quel raduno di 17 anni fa, cominciai a esplorare le contraddizioni del mio Stato adottivo, San Francisco era stata la culla della Beat Generation, dei poeti maledetti degli anni ’50, dei cantori dell’India eterna e delle droghe. La vicina BerKeley aveva partorito il Free Speech Movement, la rivolta giovanile antesignana del maggio del ’68. Poi c’era stata la Summer of Love, i figli dei fiori. Le battaglie per i diritti dei gay. L’ambientalismo. Internet era nato in versione libertaria e anti-capitalista, nuova macchina delle disuguaglianze. La stessa California però aveva generato Nixon e Reagan, i presidenti che più ispirano Trump. Si era data leggi penali terrificanti come la three strikes you are out, con l’ergastolo automatico al terzo reato (non necessariamente violento). Oggi Marazziti lo rivedo a New York, continua la sua battaglia in sede Onu. Non si è mai lasciato scoraggiare. I sondaggi dicono che la pena di morte perde consensi tra gli americani. Gli Stati Usa che la applicano sono in diminuzione. Per chi voglia saperne di più, e magari entrare in corrispondenza con alcuni “ospiti” dei bracci della morte, il suo diario è Life, Da Caino al Califfato: verso un mondo senza pena di morte (ed. I libri di Sant’Egidio).
Federico Rampini – Opinioni – Donna di La Repubblica – 24 giugno 2017 -

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