Guardando, da lontano, le celebrazioni
del venticinquennale di Capaci – tronfie, retoriche e pesanti – sono stato
colpito, come credo tutti, dalle parole di due donne che portano il nome
Borsellino. Rita, la sorella – dall’aspetto sofferente – si è detta stanca di
ricevere dallo Stato “coriandoli di verità”; Fiammetta, la figlia più giovane,
è andata al di là, chiedendo conto sempre allo Stato, proprio quello che si
nutre di celebrazioni di “azioni ed omissioni”, di “False piste investigative”
e ha “osato” parlare di quei dieci innocenti, vittime della falsa pista, che si
sono fatti lunghi anni di 41 bis, “senza poter vedere i propri figli”, paragonandoli
ai giovani poliziotti uccisi negli attentati di Capaci e via D’Amelio.
Risponderà lo Stato? È lecito il dubbio. Parlando di verità, c’è in Italia
un’ormai secolare abitudine a far finta di cercarla con l’obiettivo di non
trovarla. Azioni ed omissioni costellano tutta la nostra storia e, proprio per
questo, le nostre commissioni di inchiesta e gli insondabili crimini di cui si
occupano, sono due rette parallele che convergono, come avrebbe detto Aldo
Moro, tendenti all’eternità. Prendono l’aspetto della commissione: Antimafia, Stragi, Moro…Nominano consulenti, producono
omissis, si secretano, talvolta si
aprono, assumono vita propria, diventano mito; Charles Dickens, in Casa Desolata, raggiunge vette di poesia
nel narrare l’immanenza di un processo le cui origini si sono perse; noi
latini, mediterranei, bizantini abbiamo aggiunto a quella desolazione il Tempo:
cattolico, circolare, borgesiano. Contemporanea a quella che si leva da Palermo
(Fiammetta Borsellino ha chiesto di sapere nomi, cognomi e circostanze sul
depistaggio delle indagini sull’omicidio di suo padre. Eroe nazionale,
un’altrettanta formidabile richiesta di verità si leva dagli Stati Uniti. Qui
si discute di questo: il presidente testé eletto è forse un mascalzone evasore
fiscale, burattino della Russia, riciclatore di denaro mafioso degli oligarchi,
manipolatore delle elezioni, persona mentalmente instabile? Per decidere –
l’opinione pubblica non accetta di essere trattata da cavia di esperimenti
orwelliani – è stata nominata una commissione d’inchiesta, presieduta dall’ex
capo del Fbi, Robert Mueller, con ampi poteri. Co saranno audizioni pubbliche
trasmesse in diretta tv (garanzia di comparizione, acquisizione di documenti
(persino le famose dichiarazioni delle tasse di Trump), colpi di scena, grandi
avvocati, sarà invocato quel famoso Quinto Emendamento che abbiamo imparato a
conoscere dal Padrino. Ci saranno
timing, thrilling, spettacolo, instant books, serie televisive (House of Cards, se non cambia al volo,
rischia). L’apice è previsto tra un anno, alla vigilia delle elezioni di Mid
Term. Niente da dire, gli americani saranno grezzi ma lo spettacolo ce l’hanno
nel sangue. Nessuno aveva mai pensato di trasformare la democrazia in uno show
business. Noi invece, quando va bene, siano rimasti ai tempi di Cicerone.
Enrico Deaglio – Annali – Il Venerdì di La Repubblica – 2
giugno 2017 -
Nessun commento:
Posta un commento