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martedì 6 giugno 2017

Lo Sapevate Che: Prima regola del deltto perfetto: via il microchip...



Richard Dabate Si Era Dimenticato il computer portatile a casa. Erano le 8 e 45 minuti del 23 dicembre 2015, raccontò, l’Antivigilia di Natale, quando rientrò, e mentre lo cercava, sentì strani rumori provenire dalla cantina. Scese le scale e nella penombra vide un uomo, con una tuta mimetica e il volto coperto dal passamontagna, tenere la moglie Connie schiacciata a terra. Cercò di immobilizzarlo, ma l’uomo era molto più robusto di lui. Spintonò via Richard, e prima di fuggire sparò alla donna uccidendola. La piccola comunità di Rockville nel Connecticut, dormitorio residenziale per pendolari nell’area di New York, visse settimane di terrore. Nel loro lindo, educato, pacifico villaggio, dove il furto di una bicicletta fa scandalo, circolava un assassinio a piede libero. Pattuglie di residenti furono organizzate per sorvegliare le strade, vigilare alle fermate degli scuolabus, accompagnare i bambini a scuola. Gli investigatori erano scettici. Non c’era segni di forzatura alla porta, ma molti a Rockville non chiudono le porte a chiave. L’arma del delitto non si trovava e non c’erano ragioni per sospettare il marito. Lui e Connie erano sposati da nove anni, con due figlie di otto e sei anni, e la confusione nel sottoscala, le abrasioni e i lividi nel corpo del marito sembravano confermare la colluttazione. Le indagini, come la paura in paese, si stavano raffreddando e la pratica si sarebbe chiusa con la riscossione dei 400mila dollari di polizza vita che Connie aveva acceso. A scaldare il caso fu una fotografia del luogo del delitto e del corpo della vittima. Un investigatore, riguardandola prima di archiviare la pratica, notò qualcosa che la donna portava al polso. Era un braccialettino di plastica nera, un Firbit, un microchip che i cultori di esercizio fisico portano per misurare con precisione i passi fatti, gli sforzi, le pulsazioni, le distanze coperte correndo o camminando, minuto per minuto, ora per ora. Fu recuperato dalla scuola degli oggetti sequestrati. Ricaricato. Riavviato. Letto. E la storia che quel microschermo raccontò distrusse la ricostruzione del delitto. Connie, dimostrò il Firbit, non era affatto rientrata a casa dopo aver portato le figlie a scuola. Alle 8 e 30 aveva camminato per esattamente 1,653 piedi, 500 metri, dalla scuola alla palestra dove spesso andava a fare esercizio. Il microchip aveva registrato gli spostamenti, le distanze e l’ora. Connie non avrebbe potuto essere nella cantina alle 8,45, quando il marito disse di averla trovata in preda al bruto con il passamontagna. Da solo, quel braccialettino da 100 dollari non sarebbe bastato a risolvere il caso della donna uccisa in cantina, ma fu sufficiente per convincere il giudice ad autorizzare gli investigatori a penetrare nel computer del marito, nello smartphone di Connie e nei suoi account sui social network tutti i dati coincisero con quello che il microcomputer della salute ricordava: la vittima non era in casa, quel mattino alle 8,45. Era rientrata molto più tardi, aveva inviato posta elettronica e foto alle amiche, prima che il marito tornasse per ucciderla. Le nuove “impronte digitali”, ma questa volta nel senso delle “digit’, le cifre che formano la memoria dei computer e non della dita, avevano fatto il lavoro che laboratori con le loro ricerche di Dna o la lente di ingrandimento di Sherlock Holmes non avrebbero potuto fare. E avevano ricordato che nel nuovo mondo di Gps, localizzazione automatica, computer e telefonini da polso, qualcuno, qualcosa, sa sempre e ricorda dove siamo e dove andiamo. Il braccialettino raccomandato come strumento per aiutare a salvare la vita con l’esercizio fisico non era riuscito a salvarla a Connie Dabate. Ma è riuscito a far catturare chi gliel’aveva tolta.
Vittorio Zucconi – Opinioni – Donna di La Repubblica – 3 giugno 2017-

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