Sono 1.730 le nuove piante scoperte
nel mondo nel 2016. Nel frattempo però il 20 per cento di quelle note è in
pericolo. Sono due cifre rivelatrici dello State
of the Woeld’s Plants 2017, cui hanno lavorato 128 esperti internazionali
coordinati dalla prestigiosa organizzazione scientifica inglese dei Kew Gardens
di Londra. Tra le scoperte più interessanti, in Madagascar una nuova specie di
bambù (Sokinochloa australis) con un
fiore che sembra un riccio, in Brasile, undici nuove specie di manioca, pianta
con una radice commestibile ricca di amido da cui dipende il sostentamento di
milioni di persone nei Paesi tropicali; 39 specie di begonia in Malesia; nove
rose in Cina; una nuova specie di orchidea dalla consistenza carnosa in
Cambogia e, ancora in Madagascar, una pianta di caffè dai chicchi grandi cinque
centimetri, capace di resistere a temperature oltre i 40 gradi, e un albero (Englerophytum paludisum) utile per il
suo lattice, alto 39 metri e già in pericolo perché presente solo nel parco
nazionale di Korup, in Camerun. Un anno particolarmente fortunato? “Direi di
no. Se la ricerca è organizzata bene, si trovano sempre tante nuove specie.
Nessuno può dire quante ce ne siano ancora da identificare ma di sicuro
moltissime” spiega Kathy Willis, direttore scientifico dei Kew Gardens “Una
parte centrale del progetto è stata la classificazione delle piante utili in
medicina, che allo stato attuale delle conoscenze raggiungono la formidabile
cifra di 28.187. E certamente non sono tutte quelle esistenti. Il problema è
che, nonostante il loro immenso potenziale, ancora oggi solo il 16 per cento di
queste armi biologiche naturali è citato nelle pubblicazioni scientifiche
ufficiali. Ad ogni modo, nell’ultimo anno, si sono rivelate molto promettenti
sei specie di legumi del genere Macuna che abbiamo identificato in Borneo ed
Ecuador: sono infatti ricche di Levodopa,
un principio attivo che già da tempo viene estratto dalla Macuna pruriens e utilizzato nella cura del Parkinson”. Il rapporto
non contiene però solo buone notizie: come si diceva, traccia a6 anninche lo
stato di distruzione delle aree verdi nel mondo e fa luce sui pericoli legati
all’impatto dei parassiti sulla sicurezza alimentare. “Da un’analisi incrociata
di immagini satellitari della Nasa e dell’Agenzia spaziale europea abbiamo
appurato che, negli ultimi 16 anni, a causa degli incendi è andata perduta
un’area di 340 milioni di ettari di terreno coperti dal verde, in totale una
superficie pari più o meno a quella dell’India. Altro dato preoccupante è
quello relativo alla diffusione globale di parassiti invasivi e malattie, che,
se non fermate, potrebbero costare all’agricoltura globale una cifra intorno ai
490 miliardi di euro. All’anno”.
Simone Porrovecchio – Scienze – Il Venerdì di La Repubblica –
2 giugno 2017 -
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