Intervistare Mira Rai non è una passeggiata. Non tanto
perché la campionessa del mondo di corsa in montagna sia un tipo difficile,
tutt’altro (a differenza delle timide donne nepalesi, il suo sguardo arriva
ovunque e la risata mette allegria). Piuttosto, perché Mira è totalmente priva
di coordinate spazio-temporali: non è avvezza al concetto di appuntamento, e
bisogna aspettarla. Poi arriva, leggera, come quando corre in salita quasi
fosse fatta d’aria. Il National
Geographic l’ha nominata Adventurer 2917, riconoscimento azzeccato perché
in 28 anni ne ha passate tante. Nasce a Bodjopur, piccolo villaggio nella
giungla sulle alture della vallata di Kathmandu, prima di 5 figli di una
famiglia contadina. A 6 anni accudisce u gregge di 25 capre, a 9 carica sulle
proprie spalle sacchi di frutta, riso, ortaggi da portare al mercato più
vicino, distante giorni di cammino e centinaio di metri di dislivello. A 14 si
arruola nell’esercito rivoluzionario maoista più che altro per sfuggire al
destino delle donne nepalesi, legate alla vita domestica. Dopo due anni in tuta
mimetica lascia l’esercito, e la sua vita ripiomba nell’incertezza. Torna a
casa, la madre l’accoglie con un iniziale disappunto: Mira, arruolandosi, le
aveva detto “torno fra 2 settimane”. Ma, come dicevamo, la runner non ha un
buon rapporto con l’orologio. Mira sorride: “In realtà è stata proprio la madre
a insegnarmi a essere libera. Mi ha sempre detto: “Se ami qualcosa, fai di
tutto per ottenerlo”. Essendo poverissima, non mi ha potuto aiutare
economicamente, ma mi ha sempre lascia libera di cogliere ogni opportunità”. È
il 2914 quando Mira si presenta a una competizione di ultra running scalza, a
digiuno, con la neve al ginocchio. E’ l’unica donna in gara e arriva al
traguardo poiché qualcuno gli presta un paio di scarpe di tre numeri più
grandi, e qualcun altro le allunga un succo di frutta. La sua tenacia è notata
dall’inglese Richard Nepal, e dall’italiana Tite Togni, campionessa di corsa in
montagna e istruttrice di yoga, che l’accoglie sulle Dolomiti, a casa sua, per
allenarla. Quell’autunno Mira vince la Sellaronda Tral Race (57 km in 6 ore e
36, minuti) e il Trail degli Eroi (83 km in 9 ore e 16). La svolta arriva nel
2015. In una gara a Hong Kong corre così tanto da temere che il suo cuore
esplodesse. Ma vince. “Così sono diventata una runner professionista del team
Salomon”. Arrivano i primi successi e, mentre l’Italia le concede un visto
annuale, sfiora il titolo mondiale: seconda alle Skyrunner World Series. La sua
corsa viene fermata l’anno successivo da un intervento al ginocchio, ma la sua
storia fa il girp del mondo grazie a un docufilm (Mira Rai, di Lloyd Belcher) presentano a maggio al Trento Film
Festival. Ora è pronta a rimettersi le scarpe da corsa. “Tornerò a vincere.
Devo farlo per le donne nepalesi, devono sapere che c’è una come loro che è
riuscita a essere libera e avere il coraggio di realizzare i propri sogni.
Gloria Riva – Sfide – Donna di La Repubblica – 27 maggio 2017
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Molto bello questo articolo. Essere liberi e avere il coraggio di realizzare i propri sogni sono le più valide motivazioni vincenti!
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