Renzi è cresciuto in
un’era libera dagli schemi delle differenze di genere.
Per questo ha fatto
spazio alle coetanee
Una valanga di donne, di colpo, si è materializzata ai
vertici delle aziende di Stato. Non donne qualsiasi, donne di eccellenza e
sapienza, ancora giovani, che finalmente, già occupando nell’ombra posti di
prestigio, sono uscite dall’anonimato, salite sulle poltrone su cui da sempre
erano abbarbicati i maschi che parevano inamovibili. Naturalmente chi non ama i
cambiamenti, o non li ritiene mai abbastanza radicali, ha subito brontolato che
va bene, da adesso ci sono tanti presidenti donne nei punti più importanti del
potere politico-economico, però, in quanto presidenti, senza poteri operativi,
cioè decisionali. Si vedrà. Ma intanto una grande conquista è la visibilità, il
fatto che bisognerà abituarsi alle donne nei punti nevralgici non solo
governativi del Paese, che la cosa non apparirà più né una stravaganza né un
capriccio né una casualità, né un errore passeggero. Ho ricordi che segnano i primi
cambiamenti del passato. E per esempio, quando negli ospedali le donne medico
cominciarono a non essere più una rarità, le donne stesse provavano diffidenza
verso di loro: se i medici erano sempre
stati uomini doveva esserci qualche ragione, meglio fidarsi poco di un
medichessa, che a certe persone pareva un vero azzardo, una dubbia novità. Un
avvocato donna? Cosa poteva saperne rispetto a un uomo che da generazioni
esercitava un mestiere prettamente maschile, come del resto tutte le
professioni importanti? E le giornaliste? C’era certo qualche fenomeno, donne
che seguivano la guerra in Vietnam o che scavavano coraggiosamente nei segreti
di Stato, ma erano poi davvero credibili? E le altre, brave nei giornali
femminili, a occuparsi di moda e ricette, ma guai se osavano altro, il
giornalismo dei quotidiani era cosa da maschi: giusto una donna su trecento
uomini poteva bastare per assicurare la democrazia della stampa italiana.
Ricordo un mio celebre collega, grandissimo giornalista, che non riusciva a
capacitarsi di esser stato multato da un vigile donna, la cui massima colpa era
quella di non sorridere. Ma se ti dà la multa un vigile maschio, gli chiesi,
gli consenti di essere serio? Certo, ma una donna deve sempre sorridere, se no
che donna è? Infatti, è una donna-vigile, e i vigili non sorridono. Non lo
convinsi semplicemente perché l’errore era proprio quello, che una donna non se
ne stesse a casa a preparare la pasta ma pretendesse di stare in strada a
regolare il traffico. Come un uomo, Tornando ancora più indietro: “Donne al
volante pericolo costante”. Figurati se mai le donne avrebbero imparato davvero
a guidare, questa assurda invasione femminile in campo maschile (ed ogni campo
era praticamente maschile), un po’ era ridicola, un po’ pericolosa, non segno
di progresso ma di caos. Anche il cinema cominciò a prenderle in giro: si
rideva della donna a capo di un’azienda in quanto bruttina e zitella, si rideva
della vigilessa troppo ligia ai suoi doveri, si rideva della patrona del premio
letterario interpretata da un attore uomo, per la sua teatrale concupiscenza
verso giovani poeti. Le donne sono state molto pazienti, hanno perseverato,
sono penetrate ovunque, nessuno ci fa più caso. C’è stato qualche tentennamento
in politica, dopo le prime grandi donne del dopoguerra, dopo l’invasione delle
belle per il capriccio del capo, si è discusso di quote rosa per decenni: in
questo caso non per diffidenza verso il genere femminile, ma per mantenere il
potere che conta in quota maschile. Se il giovane premier Matteo Renzi,
continuamente attaccato da nemici e amici, soprattutto questi costantemente
lividi nei confronti della sua incrollabile bonomia, verrà ricordato, sarà
anche per aver proceduto alla più logica delle rottamazioni non solo
generazionali. Dare spazio senza diffidenza né calcolo all’esperienza delle
donne, alle sue coetanee con cui si è abituato a vivere e condividere, ad
ascoltare e a capire, ad ammirare e a credere in loro. Solo un uomo giovane poteva
farlo, uno non cresciuto dentro i vecchi schemi tradizionali ancora carichi di
secoli di storia di separazione dei generi, di esclusione delle donne oltre i
confini domestici. Credo appunto nel grande potere della visibilità. Donne
ovunque, a ogni livello, senza bisogno di quote, in ragione del loro valore e
di una generazione maschile giovane che non ha paura delle donne.
Natalia Aspesi – Donna di Repubblica – 3 maggio 2014 -
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