In Italia 400 casi
l’anno e, spesso tardive, si studia la possibilità di utilizzare le cure
efficaci per le donne
Milano. Raro, misconosciuto e circondato ancora da uno stigma
che la sua forma più nota, quella femminile, ha in gran parte perso. Il tumore
della mammella maschile ha un’incidenza che è circa 100 volte inferiore a
quella del suo omologo più noto (400 i
casi ogni anno in Italia) e per questo è ancora oggi una neoplasia in parte
oscura. Ma nel tempo, e con l’avvento dei grandi gruppi di studio
internazionali, la raccolta di informazioni è diventata sempre più efficiente,
e sta facendo compiere grandi passi in avanti nella conoscenza delle sue
peculiarità e delle sue analogie con il tumore femminile.
La rete più importante è il Male Breast Cancer Pooling
Project, un network coordinato dal National Cancer Institute statunitense, che
raccoglie 21 studi epidemiologici svolti in Nord America ed Europa, per un
totale di 2.400 casi. Agli studi prendono parte anche gli epidemiologi
dell’Istituto Mario Negri di Milano coordinati da Eva Negri e autori, in
passato, di lavori sull’argomento finanziati anche da Airc.
Spiega Eva Negri: “Abbiamo capito che in alcuni aspetti
questi tumori sono del tutto simili a quelli delle donne: per esempio, alcune
mutazioni dei geni Brca 1 e 2 di altri geni noti. Inoltre gli estrogeni,
presenti anche nell’organismo maschile, giovano in entrambi i tumori un ruolo
molto importante. Inoltre oggi sappiamo che, quanto a fattori di rischio,
questo tumore assomiglia a quello delle donne in menopausa, ed è più frequente
negli uomini obesi”.
Queste e altre informazioni stanno portando a verificare
l’efficacia di farmaci utilizzati da anni nelle donne come il tamoxifene, gli
inibitori delle aromatasi e il trastuzumab. Per il momento però è presto per
trasferire agli uomini le terapie usate per le donne, anche perché i tessuti
coinvolti potrebbero essere solo in parte simili, si continuano perciò a
utilizzare gli schemi classici di chemioterapia, dopo l’asportazione
chirurgica. Nel frattempo si intensificano gli sforzi per battere quello che è
il vero handicap della malattia: il ritardo nella diagnosi, dovuto al fatto che
pochi (tanto tra i malati quanto tra i medici non specialisti) ne riconoscono i
segni, e che al controllo delle mammelle come le donne e stentano ad
approfondire eventuali anomalie come piccoli noduli.
“Bisogna aumentare la vigilanza e aiutare gli uomini a
considerare questo tumore come tutti gli altri, senza timori o inibizioni di
sorta: solo così, e con terapie sempre più mirate” conclude l’epidemiologa
“potremo ottenere gli stessi successi che abbiamo nelle donne”.
Agnese Codignola – Venerdì di Repubblica - 9 maggio 2014
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