Bergoglio ordina
un’indagine sul party vip nella terrazza vaticana: chi l’ha autorizzato, chi
sono gli sponsor? Ecco qualche risposta
Se il papa ripete spesso che “gli ultimi saranno i primi, e i
primi ultimi”, un mese fa Francesco si è accorto che a Roma più che la parola
del Vangelo resta imperante la massima di Giuseppe Gioacchino Belli: “Io so io,
e vvoi nun zete un cazzo”.
L’amara con stazione l’ha fatta guardando le immagini del
sito “Dagospia” pubblicate lo scorso 27 aprile. Nella rubrica “Cafonal”, sorta
di saggio sociologico sulla classe dirigente dei tempi nostri, il sito
immortalava un gruppo di selezionatissimi vip che assistevano alla
canonizzazione di Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII. Mentre un milione di
fedeli bivaccavano in strada ammassati tra sacchi a pelo, tappetini e bagni
chimici, Bruno Vespa e il braccio destro di Renzi Marco Carrai, il presidente
dello Ior Ernst von Freyberg e altri 150 fortunati guardavano tutti dall’alto
in basso, godendosi lo spettacolo dallo splendido terrazzo del palazzo della
Prefettura degli Affari Economici. Seduti su comode sedie piazzate su palchetti
di legno ricostruiti per l’uopo, manager d’affari, industriali e politici
pregavano i papi santi mangiando tartine, bevendo vino e sgranocchiando finger
food, Faceva da anfitrione – hanno raccontato le cronache – Francesca Chaouqui,
la giovane lobbista nominata un anno fa da Bergoglio membro della Cosea, la
Commissione per il riordino degli uffici eonomico-amministrativi del Vativano.
Pare che Francesco, però, non abbia giudicato l’iniziativa di
buon gusto. L’assalto dei vip al sacro buffet non sembra troppo coerente con il
suo mantra di “una Chiesa povera per i poveri”. Né ha apprezzato che monsignor
Lucio Angel Vallejo Balda, segretario sia della Cosea sia della Prefettura,
abbia distribuito ostie a Vespa e soci da un bicchiere di vetro preso dal
catering. Così ha chiesto al sostituto della Segreteria di Stato Angelo Becciu
di capire chi avesse autorizzato la festicciola, come fosse stato pagato il
buffet, quali fossero gli sponsor, chi avesse mandato gli inviti.
Quando si è scoperto che la cartolina con lo stemma vaticano
non era stata spedita dal presidente del dicastero, e che l’happening è costato
agli sponsor privati circa 20 mila euro, in Vaticano è scoppiata una gazzarra.
La “guerra della terrazza”, la chiamano, e – ironie a parte – per i perdenti
potrebbe avere conseguenze spiacevoli.
Sul banco degli imputati è salito inizialmente il cardinal
Giuseppe Versaldi. Bertoniano di ferro, finito di recente nelle intercettazioni
della cricca dell’Expo, è il colpevole perfetto: come presidente della
Prefettura degli Affari economici è lui, inoltre, responsabile di chi entra ed
esce dal palazzo in Largo del Colonnato. Sentito da Becciu, però, Versaldi ha
negato qualsiasi addebito, spiegando di aver detto al suo numero due Vallejo
Balda “di non poter autorizzare una Commissione pontificia su cui non ho alcuna
giurisdizione”, né l’uso della terrazza di cui è competente l’Aspa”, cioè
l’autorità che amministra il patrimonio della Santa Sede. L’Aspa non sembra
aver rilasciato permessi scritti, ma solo un’autorizzazione verbale da parte
del segretario Luigi Mistò. Il suo superiore, il presidente Domenico Calcagno,
terrorizzato di finire coinvolto, ha dichiarato di essere completamente
all’oscuro dell’intera faccenda. “Non parlo della terrazza, grazie a Dio
abbiamo altri problemi”, spiega dalla Spagna monsignor Balda, membro del ramo
sacerdotale dell’Opus Dei ed economo di fiducia di Francesco, che però lo ha di
recente escluso dalla nuova Segreteria per l’Economia, ente che di fatto
chiuderà l’esperienza della Commissione referente e ridimensionerà il potere
della Prefettura. Se Balda tace, Versaldi (che con la nuova guardia ha pessimi
rapporti) ha invece preso carta e penna, e chiesto formalmente ad alcune
aziende se fossero state contattate per contribuire economicamente all’evento:
“Egregio”, si legge nelle missive che “l’Espresso” ha visionato, “ Le sarei
grato se potesse darmi qualche riscontro sia circa le persone eventualmente
presentatesi a lei sia circa l’importo richiesto e a quale scopo specifico.
Come Lei può intendere, si tratta di un fatto grave in cui la Prefettura da me
presieduta è stata coinvolta a sua insaputa ed in cui l’immagine della Santa
Sede risulta compromessa”. Di sicuro sull’invito “strettamente personale”
spedito a nome della Prefettura si leggono i nomi di due sponsor: il fondo
sanitario dedicato ai dirigenti Assidai, che ha pagato le strutture di legno, e
i petrolieri di Medoilgas Italia, che hanno sborsato 5 mila euro per il buffet.
Una delle imprese che ha risposto alla lettera di Versaldi ha
detto che è stata proprio Francesca Immaccolata Chaouqui a controllarla. E
un’altra, a “l’Espresso”, ha fatto lo stesso nome. La “Camerlenga” e l’amico
Vallejo Balda forse volevano fare bella figura con il partner d’eccezione?
Oltre Vespa e il potente Carrai, c’erano infatti anche Roberto Arditti
dell’Ezpo, il numero uno delle relazioni esterne dell’Eni Leonardo Bellodi,
l’amministratore delegato di Price-Waterhouse –Coopers Oliver Galea, quasi
tutti i membri laici della Cosea, l’ex direttore del Gr 1 Antonio Preziosi, il
capo di gabinetto del ministero dello Sviluppo economico, Vito Cozzoli.
Presente anche Donato Jacovone, ad di Ernst&Young Italia, agenzia per cui è
consulente la stessa Chaouqui: la multinazionale americana ha da poco ottenuto
l’incarico per effettuare i controllo finanziari sullo Ior.
!Questa storia è un’idiozia, il fatto è che ci sono nemici
che vogliono screditarmi davanti al Santo Padre. Ero lì solo come membro della
commissione. Non ho chiamato nessuna azienda, non ho gestito né perterre né
inviti. Ha organizzato tutto la Prefettura”, si giustifica la Chaouqui, che ci
informa di essere appena uscita dalla residenza del papa a Santa Marta.
“Versaldi dice che non sa niente? Può dire quello che vuole. Io non ho bisogno
di fare lobby in Vaticano: quel giorno ho solo pregato, ho preso un drink e me
ne sono andata. Io sono concentrata nell’aiutare i più bisognosi, basta vedere
le foto sul mio Facebook”. Sarà. Peccato che “l’Espresso” abbia visto, oltre a
post Facebook con cui un’ospite (tal Maria Sole De Blasis) ringrazia “la
Chaouqui per avermi dato modo oggi di riscoprire forti emozioni”, anche alcuni
messaggi inviati da Francesca in persona a una delle aziende contattate. Dove
si chiedevano un po’ di soldi non per gli ultimi, ma per far mangiare i primi.
Emiliano Fittipaldi – L’Espresso – 29 maggio 2014 –
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