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lunedì 19 maggio 2014

Lo Sapevate Che: Sestante...




Così vincono i peggiori

Assordati dalle litanie dei crociati delle “riforme”, potremmo credere che qualsiasi riforma sia l’abracadabra che “rimette in moto il Pese”. E’ vero il contrario, basta pensare all’università. La riforma Gelmini, poi legittimata dalla non brillante sequenza di tre ministri-rettori, ha aggravato molti problemi senza risolverne alcuno. Sul fronte del reclutamento, ha confermato la sindrome bipolare del sistema: dopo sette anni di paralisi, un’ondata di “abilitazioni” e assunzioni, con decine di migliaia di abilitati ma non assunti.
Il processo degenerativo cominciò con gli ope legis del 1980, seguiti da un lungo blocco delle assunzioni, poi da concorsi localistici del ministro Berlinguer (1998), con assunzioni in massa seguite da nuovo blocco. In questa deriva, molti dei migliori lasciano l’Italia, i docenti sono sempre più vecchi, e al loro posto spuntano i precari (costano meno).
Una serrata del maggior consiglio ha espulso gli associati dalle commissioni giudicatrici, e gli ordinari rimasti padroni del campo ne approfittano spesso per ridisegnare la disciplina a propria immagine e somiglianza esiliando chi non la pensa come loro.
La farsesca abolizione delle Facoltà, ribattezzate dipartimenti con nomi fantasiosi che li rendono irriconoscibili oltreconfine, impegna i professori in sorde lotte di micro potere mettendo in sordina la ricerca con enorme svantaggio degli studenti. Il mantra principale di queste riforme è che siano a costo zero. Ma le riforme a costo zero producono molto meno di zero, perché vietano di adeguarsi ai migliori standard internazionali, ma anche perché accrescono il peso lavorativo sui singoli abbassando l’efficienza del sistema. Dobbiamo dunque invocare un’altra riforma? Sì, se imparassimo che nel gioco dell’oca delle riforme una regola c’è: più si affidano a chi non ne sa nulla, più è sicuro che vinceranno i peggiori. E l’Italia perderà.
Salvatore Settis – L’espresso – 16 maggio 2014

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