Corruzione, a che punto
è la notte
Le leggi sui lavori
pubblici, confuse, incomprensibili, impossibili da rispettare, sembrano fatte
apposta per favorire le tangenti. Per questo negli ultimi vent’anni nulla è
cambiato. Sorprendersi oggi è pura ipocrisia
Che l’ennesima batosta all’immagine di “Milano capitale
economista & morale” (e senza Milano protagonista, piaccia o no, futuro per
questo Paese non ci resta che sognarlo) possa modificare radicalmente le
intenzioni di voto, o di non voto, per le Europee, è temuto, o sperato, da
tutti. Senza che ci si interroghi a fondo intorno al significato di ciò che a
Milano è successo. “Questione morale”, ancora si dice. Ma la abusata
espressione berlingueriana (con buona pace di Veltroni) si riferiva
essenzialmente al prevalere, catastrofico per la virtus gramscian-rodariana del Segretario Pci, della fame del
potere per il potere presso partiti e politici di professione, non certo al
fatto che, per perseguire i propri fini, per svolgere le proprie strategie,
essi dovessero anche attingere a mezzi e finanziamenti non propriamente
regolati da leggi di draconiana severità.
Oggi Siamo mille leghe al di qua di quella questione. L’assenza più che ventennale di ogni
seria politica, la liquidazione di partiti capaci di formare in sé vere classi
dirigenti, populismo e demagogia serviti in tutte le salse, hanno portato alla
corruzione del sistema-Paese, e cioè alla inefficienza della sua
amministrazione e del suo funzionamento pressoché a tutti i livelli. Berlinguer
vedeva nella “questione morale” (che aveva i caratteri che ho detto – e cioè
nient’affatto “moralistici”) la causa di una possibile, imminente corruzione
“sistemistica” in atto che genera il dilagare dei comportamenti illeciti e
immorali, ormai ridotti alla elementare categoria dell’auri sacra fames.
Mancare riforme istituzionali, che fossero in sintonia con i
caratteri del nuovo Evo che si è aperto con la fine del “secolo breve”, vuoti
legislativi su materie fondamentali (vedi conflitto d’interessi), leggi
illeggibili altrove, smantellamento di ogni centro formativo di una classe
burocratica dotata di senso dello Stato, sono le cause da cui si riproducono e
sempre si riprodurranno, finché non si metterà mano alle fondamenta (che non è
compito della magistratura), gli “scanali” dei G8, dei terremoti dell’Aquila,
dei lavori per il Centenario dell’Unità , dei mondiali di nuoto, del Mose
Veneziano, dell’Expo milanese. Un fil di ferro li unisce tutti: lavorare
nell’emergenza, l’imperioso bisogno di aggirare leggi e norme per “fare in
tempo”, giungere sempre a un punto in cui rispetto della regola e istanza
decisionistica entrino in conflitto.
Le Leggi Sui Lavori
Pubblici sembrano
esser fatte apposta per rendere inevitabili tali esiti; la tremenda confusione
del loro dettato, la sovrapposizione delle competenze, le procedure volte a
impedire ogni normale, efficiente amministrazione di qualsivoglia progetto,
rappresentano i mezzi necessari con cui poteri nient’affatto occulti, lobbies
pubblico-private, pezzi di partiti e Stato si impossessano dei mega-lavori più
o meno indispensabili al Paese e li trasformano in personali mega-affari.
Questa è la situazione che ben conosce, sulla propria pelle,
chiunque abbia cercato per soli dieci minuti di svolgere decentemente il
proprio compito di amministratore. I lamenti general-generici sulla burocrazia
non servono a nulla. Servono leggi nuove, testi unici, breviloqui essenziali,
sulle materie “terreno di caccia”, dai lavori pubblici alla sanità in primis. Fingere sorprese e recitare
pianti di coccodrillo ex post è pura ipocrisia. Erano forse mancate le denuncie
e le grida d’allarme in tutti i casi sopra citati? Era inevitabile che il
malfattore ai scoprisse solo attraverso il deus
ex machina dell’intervento giudiziario? No, certo. Ma anche chi sospettava,
o sapeva senza prenderne parte, si trovava, magari, a subire il “ricatto”: come
pretendi di decidere e fare altrimenti? Perenne stato d’emergenza creato ad hoc, quasi a impedire quel salto
politico-istituzionale che solo potrebbe salvare il Paese. A che ora della
notte ci troviamo lo dirà il 25 maggio.
Massimo Cacciari – L’Espresso – 26 maggio 2014
Nessun commento:
Posta un commento