Comunque si presenti,
chiede l’innocenza del bambino che si apre al mondo senza difese, per svelarci
ciò che non sapevamo di essere. Per questo, come scrive il teologo ortodosso
Christos Yannaras, “è il solo reale superamento della morte”
L’amore è la più affascinante e misteriosa particella del
caos umano. La sorpresa avviene quando, voltando l’angolo, il nostro corpo si
scontra con quello di qualcun altro che non ci lascia affatto indifferenti. E
l’urto diventa uno schiaffo che ci sospende dalla realtà. Questo è ciò con cui
ho avuto la fortuna di scontrami un po’ di volte nella mia vita, e l’ultima per
me è stata davvero sorprendente. La perfetta complicità di una lunga amicizia
fatta fi confidenze e tenere carezze si è coronata con l’incontro dei corpi. E
l’idillio si è scatenato. Ma dopo cìè sempre la realtà, che è tanto più
tranciante quanto più è “folle” l’amore. So e sento di essere amata molto, ma
platonicamente e non fisicamente, perché
né io né lui possiamo trascurare la sua omosessualità. Esistono quindi gli
amori davvero impossibili?
Anonima 77
Ho vissuto le mie relazioni in modo controllato, non svelando
mai completamente il mio essere. Ho portato avanti immagini di me che io
stessa, per convenienza o opportunità avevo creato. Non mi sono mai legata
completamente perché non potevo immaginare di essere ferita, colpita nel
profondo. La consapevolezza del male che avrei potuto ricevere mi ha spinto ad
accontentarmi di un affetto filtrato dalle maschere di donna forte e
indipendente.
Recentemente sono stata intercettata e svelata da un uomo che
mi ha fatto assaporare un modo di vivere, innanzitutto me stessa, che non
immaginavo possibile. Entrambi non liberi, mi ha chiesto di aspettare, e ora mi
chiedo: ha senso? Oppure devo credere che per davvero, come lei dice, “ci
innamoriamo solo di chi intercetta l’altra parte di noi stessi e quindi ci
svela”?
M.P.
Quando incontriamo l’amore non racchiudiamolo nei contatti
fisici, non tratteniamolo nelle nostre difese, e neppure affoghiamolo nelle
turbolenze dei nostri sentimenti. L’amore, comunque si presenti, apre un mondo:
il mondo della vita ben diverso dalla semplice sopravvivenza. Ma per questo non
dobbiamo leggere l’amore a partire dal nostro desiderio, che è troppo angusto per
essere all’altezza. Non possiamo attenderlo nelle modalità che ci siamo
costruiti a partire dalla nostra educazione, dai nostri principi, dal concetto
che abbiamo di noi, dalla letteratura che abbiamo frequentato, dall’esperienza
che abbiamo maturato.
L’amore ci chiede innocenza. Quella del bambino che si apre
al mondo. Perché il dono che ci fa amore, non è la persona che ce lo suscita,
ma il mondo che, attraverso quella persona, si dischiude ai nostri occhi. Un
mondo mai visto perché le nostre difese, in quell’occasione, sono cadute. E,
con le difese, anche i nostri modi, lussuriosi o pudichi, di concepire l’amore.
Vertigine del pensiero che si trova tra pensieri mai pensati,
tonalità affettiva per le cose di tutti i giorni che, per consuetudine, prima ci
erano indifferenti, luminosità dello sguardo che si è aperto in modo del tutto
nuovo sul mondo, parole nuove rispetto a quelle abituali che prima dicevamo e
sentivamo. La nostra anima, come effetto di ogni incontro d’amore, ci cede il
suo segreto e ci fa conoscere quel mondo sconosciuto che noi siamo e, fino ad
allora, ignoravamo. Questo è l’amore, e non l’altro che ci ama o non ci ama
come vorremmo che lui ci amasse. Perché
quando le nostre attese pregiudicano l’amore, già abbiamo perso l’innocenza, e con
essa la chiave che ci porta alla scoperta di tutte le nostre parti segrete che,
con l’avanzare degli anni, rischiano di morire senza essere mai nate.
Ma per accedere ai doni dell’amore dobbiamo in qualche modo
mettere da parte i nostro io e la nostra abituale visione del mondo, perché
l’altra parte di noi stessi possa emergere, sorprenderci e sconvolgerci. Amore
infatti non è una cosa tranquilla, delicata, gentile, comprensiva, rispettosa,
e tanto meno suggello di fede eterna, che è un desiderio troppo rassicurante
per il lavoro che amore compie quando, bruscamente, ci sveglia dalla
consuetudine monotona della nostra esistenza, dall’immagine ben strutturata
della nostra identità, dai nostri desideri che cercavano appagamento quando
invece amore è sconvolgimento.
Solo se comprendiamo queste cose ci portiamo all’altezza
dell’amore che una sola cosa vuole: che la nostra vita non prosegua più nel
binario stanco sul quale le nostre difese, e allo stesso modo, le nostre attese
lo avevano incanalato, sotto il regime del nostro io che si difendeva
dall’altra parte di noi stessi che pure invocava di vivere.
umbertogalimberti@repubblica.it
– Donna di Repubblica 24 maggio 2014
Nessun commento:
Posta un commento