Pronto per l’Expò
Il grattacielo a
rotelle
Entusiasmo dei paesi
africani per il tema del cibo al centro dell’evento milanese. Nei loro
padiglioni i visitatori saranno chiamati a portare bevande e vivande.
Si vuole così risolvere
l’antico problema della fame
L’agricoltura, il cibo, le vie d’acqua: sono temi dell’Expò
milanese. Verranno affrontati e risolti, il giorno dell’inaugurazione, con una
cerimonia di forte significato simbolico: un contadino butterà una fetta di
polenta nel Naviglio. Dopodiché ci si
potrà finalmente dedicare agi altri aspetti meno romantici ma più operativi
dell’Expò.
Visitatori Come si legge da anni in tutte le
fonti d’informazione mondiali, il totale dei visitatori dovrebbe essere di
circa venti miioni. Un numero davvero impressionante. Ma come è stato
calcolato? Con quali criteri matematici? Con quali strumenti di ricerca
statistica o di marketing? Il quesito è stato finalmente risolto, in una
conferenza stampa, dal capo delle pubbliche relazioni di Expò, Manlio Branca
Brancatelli, affiancato dal Consiglio di presidenza al completo.
“E’ un numero sparato a caso, tanto per dire – ha spiegato
Brancatelli -. È tradizione di ogni Expò tirare a indovinare prima, durante e
dopo la manifestazione per accontentare i giornalisti che vogliono sapere le
cose più assurde, tipo quanti cinesi, quanti russi, quante donne. Ma cosa cazzo
volete che ne sappiamo, scusate? Come facciamo a contarli, ci affacciamo dal
grattacielo della Pirelli e li indichiamo uno a uno con il dito?”.
Grattacieli Come continuare a spargere cemento
senza dare nell’occhio, evitando le proteste di petulanti comitati di
ambientalisti menagramo e vecchie contesse isteriche? Nel padiglione italiano
verrà esposto il progetto di un avventuristico grattacielo a rotelle, che ha il
pregio di poter essere spostato di quartiere in quartiere senza lasciare tracce
nel piano regolatore. Il suo ideatore, l’archistar milanese Vico Piroletti, l’ha
realizzato sul modello, collaudatissimo, delle motor-home americane, sovrapponendone
una sessantina. Imbullonate con cura, possono raggiungere i duecento metri di
altezza. Nei giorni di vento la struttura oscilla paurosamente, aggiungendo al
già suggestivo skyline milanese l’immagine di una silhouette sull’orlo del
tracollo con centinaia di persone affacciate ai finestrini che urlano
terrorizzate.
Grattacieli Bis Affascinante anche il grattacielo
trasparente dell’archistar milanese Ludo Fumagalli: realizzato interamente in
vetro, è del tutto invisibile e dunque non lascia alcuna traccia nel paesaggio.
Desta qualche perplessità la totale assenza di privacy degli abitanti,
perfettamente visibili in ogni istante della loro giornata, anche mentre
siedono sul water di vetro del loro bagno di vetro. Rivoluzionaria la proposta
dell’archistar milanese Pico Negri Macchi: il “non grattacielo”. E un
grattacielo di un solo piano, alto due metri e ottanta centimetri, “per
testimoniare – spiega il suo autore – che anche un grattacielo, se progettato
con criterio, può essere poco invadente”.
L’Africa Nei poverissimi paesi del corno
d’Africa il tema del cibo è stato accolto con vero e proprio entusiasmo: nei
loro padiglioni verranno esposte in gran numero pignatte, vasi, anfore, otri,
cesti di vimini, contenitori di ogni foggia nella speranza che i visitatori li
riempiano di cibo. Nel padiglione nigeriano i jihadisti di Boko Haram hanno
imposto di esporre solo pietanze ricoperte con il burqa: per non fare peccato
si devono ingoiare ancora avvolte nella stoffa.
La Cina La Cina non avrà un suo padiglione
all’Expò. Su richiesta del governo di Pechino, la presenza di quella popolosa
nazione avrà altre modalità: i cinesi allestiranno, esattamente di fronte al
padiglione di ciascun paese, una perfetta imitazione, completa di ogni
particolare, dai prodotti esposti alle uniformi delle hostess. Distinguere il
padiglione originale da quello cinese copiato sarà uno dei passatempi favoriti
dell’Expò: nelle prove simulate il vero padiglione “Francia” e il fac-simile
cinese si distinguono solo perché nel secondo, per un errore di programmazione
del computer, il camembert profuma di Chanel e viceversa.
Michele Serra – L’Espresso – 29 maggio 2014
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