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venerdì 2 maggio 2014

Lo Sapevate Che: Questa Settimana...




E Tutti Gridarono Dalli all’Europa

A un mese dal voto tutti parlano male dell’Unione, destra e sinistra, populisti e non. Certo, siamo in campagna elettorale. Ma a tutti è ormai chiaro che per superare la crisi economica il rigore non basta più. E che nessun Paese può farcela da solo

A un mese dal voto, è in pieno svolgimento una corsa sfrenata, a dire che l’Europa, così com’è, proprio non va. E allora dalli al decalogo economico, che si immagina scritta sotto dettatura della signora Merkel; alla moneta finalmente unica, ma dodici anni dopo non ancora sorretta da una vera unione politica; e dai freni imposti dalla nomenclatura, e dalla costosissima burocrazia dei palazzi. E va bene, le compagne elettorali hanno le loro esigenze, ma la novitò è che al coro adesso partecipano tutti, proprio tutti. Con diverse sfumature, certo, ma ciascuno cercando di gridare più forte del diretto competitor.
Il fenomeno corre parallelo a quanto accade da Roma a Londra a Berlino con il dilagare del populismo che, lo ha spiegato Ilvo Diamanti su “Repubblica”, “associa forze politiche diverse e, talora, opposte tra loro, ma “unite” contro l’Ue e contro l’euro”. E infatti qui da noi strepitano la destra leghista e quella berlusconiana accusando l’Europa di ogni malefatta possibile e invocando il ritorno alla povera liretta. Pur sapendo, o fingendo di non sapere, che una follia del genere porterebbe con sé esiti disastrosi.
Strilla Naturalmente l’estrema sinistra di Alexis Tsipras e Nichi Vendola, che certo non pensano di sostituire l’euro con dracma e lira, ma non si ritrovano affatto in questa Europa. E bercia Beppe Grillo, cui almeno va riconosciuto il primato, insomma di essere stato il primo a stilare un nutrito cahier di “vaffa” contro le istituzioni europee e i suoi azionisti di riferimento.
Ma ora la novità è che distinguo, emendamenti e “non ci sto” si manifestano senza veli anche nel centrosinistra, specie dentro e intorno al Pd da sempre campione di europeismo e fino a ieri grande sostenitore dei governi Monti e Letta cui molti imputavano di essere pronti agli ordini di Bruxelles, di attentare alla sovranità nazionale. A parlar chiaro sui limiti dell’Unione e sulle contraddizioni della sua politica economica è per esempio l’ex premier Romano Prodi, cui peraltro si deve la definizione di “stupidi” riferita ai vincoli di bilancio imposti all’Italia.  Ancora più avanti di lui è andato Vincenzo Visco, ministro dell’Economia nei governi del prof, che si è scagliato contro la politica economica della Ue: se la ripresa non c’è, ha detto alla “Stampa”, che senso ha continuare con il rigore a tutti i costi? La crescita, ha insistito, non si produce da sola, ed evidentemente non sono bastati deregulation e tagli di spese e tasse. Amen.
Dubbioso E’ Perfino Pier Carlo Padoan, fresco ministro dell’Economia dopo molti anni passati nelle organizzazioni internazionali, proprio quelle accusate di dettare la politica economica ai governi nazionali: L’Europa non c’è ancora, ha scritto in un libro in uscita, e non è facile governare la moneta unica senza una unica guida politica. Ed ecco le sue parole d’ordine: oltre l’austerità; riduzione “ragionevole” del debito. Verrebbe da chiamarlo euroscetticismo…
Certo, lo dicevamo, la campagna elettorale ha le sue regole ferree, e stavolta la concorrenza da battere – se non si vuole far saltare una casa comune pur imperfetta e incompiuta, ma faticosamente costruita in sessant’anni – è proprio quella dei nemici di questa Europa, critici, scettici e disfattisti, populisti e no. Intanto però alcune verità si sono fatte strada nei governi, tra gli economisti, nell’opinione pubblica.
La ricetta del rigore liberista, spesso sbandierizzata per ragioni nazionali e difensive (Merkel), o adottata solo a parole e tra mille contraddizioni (Berlusconi & Tremonti), ha dimostrato di non funzionare, specie se realizzata a occhi chiusi, senza un disegno: la ripresa non c’è ancora, i deficit non sono diminuiti, la disoccupazione è alle stelle. Ed è ormai chiaro che a nulla valgono gli sforzi dei singoli Paesi ed è alle stelle. Ed è ormai chiaro che a nulla valgono gli sforzi dei singoli Paesi ed è pura illusione pensare di poter guarire da soli, dentro i confini nazionali, da una malattia diffusa ovunque. Ecco, a pensarci bene proprio a questo dovrebbe servire la costruzione europea: a cercare una soluzione comune e concordata alla crisi, non a rinchiudere ciascuno a casa propria.
Twitter@bmanfellotto
Bruno Manfellotto – L’Espresso – 30 aprile 2014

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