E Tutti Gridarono Dalli
all’Europa
A un mese dal voto
tutti parlano male dell’Unione, destra e sinistra, populisti e non. Certo,
siamo in campagna elettorale. Ma a tutti è ormai chiaro che per superare la
crisi economica il rigore non basta più. E che nessun Paese può farcela da solo
A un mese dal voto, è in pieno svolgimento una corsa
sfrenata, a dire che l’Europa, così com’è, proprio non va. E allora dalli al
decalogo economico, che si immagina scritta sotto dettatura della signora Merkel;
alla moneta finalmente unica, ma dodici anni dopo non ancora sorretta da una
vera unione politica; e dai freni imposti dalla nomenclatura, e dalla
costosissima burocrazia dei palazzi. E va bene, le compagne elettorali hanno le
loro esigenze, ma la novitò è che al coro adesso partecipano tutti, proprio
tutti. Con diverse sfumature, certo, ma ciascuno cercando di gridare più forte
del diretto competitor.
Il fenomeno corre parallelo a quanto accade da Roma a Londra
a Berlino con il dilagare del populismo che, lo ha spiegato Ilvo Diamanti su
“Repubblica”, “associa forze politiche diverse e, talora, opposte tra loro, ma
“unite” contro l’Ue e contro l’euro”. E infatti qui da noi strepitano la destra
leghista e quella berlusconiana accusando l’Europa di ogni malefatta possibile
e invocando il ritorno alla povera liretta. Pur sapendo, o fingendo di non
sapere, che una follia del genere porterebbe con sé esiti disastrosi.
Strilla Naturalmente l’estrema sinistra di Alexis Tsipras
e Nichi Vendola, che certo non pensano di sostituire l’euro con dracma e lira,
ma non si ritrovano affatto in questa Europa. E bercia Beppe Grillo, cui almeno
va riconosciuto il primato, insomma di essere stato il primo a stilare un
nutrito cahier di “vaffa” contro le istituzioni europee e i suoi azionisti di
riferimento.
Ma ora la novità è che distinguo, emendamenti e “non ci sto”
si manifestano senza veli anche nel centrosinistra, specie dentro e intorno al
Pd da sempre campione di europeismo e fino a ieri grande sostenitore dei
governi Monti e Letta cui molti imputavano di essere pronti agli ordini di
Bruxelles, di attentare alla sovranità nazionale. A parlar chiaro sui limiti
dell’Unione e sulle contraddizioni della sua politica economica è per esempio
l’ex premier Romano Prodi, cui peraltro si deve la definizione di “stupidi”
riferita ai vincoli di bilancio imposti all’Italia. Ancora più avanti di lui è andato Vincenzo
Visco, ministro dell’Economia nei governi del prof, che si è scagliato contro
la politica economica della Ue: se la ripresa non c’è, ha detto alla “Stampa”,
che senso ha continuare con il rigore a tutti i costi? La crescita, ha
insistito, non si produce da sola, ed evidentemente non sono bastati
deregulation e tagli di spese e tasse. Amen.
Dubbioso E’ Perfino Pier Carlo Padoan, fresco ministro
dell’Economia dopo molti anni passati nelle organizzazioni internazionali,
proprio quelle accusate di dettare la politica economica ai governi nazionali:
L’Europa non c’è ancora, ha scritto in un libro in uscita, e non è facile governare
la moneta unica senza una unica guida politica. Ed ecco le sue parole d’ordine:
oltre l’austerità; riduzione “ragionevole” del debito. Verrebbe da chiamarlo
euroscetticismo…
Certo, lo dicevamo, la campagna elettorale ha le sue regole
ferree, e stavolta la concorrenza da battere – se non si vuole far saltare una
casa comune pur imperfetta e incompiuta, ma faticosamente costruita in
sessant’anni – è proprio quella dei nemici di questa Europa, critici, scettici
e disfattisti, populisti e no. Intanto però alcune verità si sono fatte strada
nei governi, tra gli economisti, nell’opinione pubblica.
La ricetta del rigore liberista, spesso sbandierizzata per
ragioni nazionali e difensive (Merkel), o adottata solo a parole e tra mille
contraddizioni (Berlusconi & Tremonti), ha dimostrato di non funzionare,
specie se realizzata a occhi chiusi, senza un disegno: la ripresa non c’è
ancora, i deficit non sono diminuiti, la disoccupazione è alle stelle. Ed è
ormai chiaro che a nulla valgono gli sforzi dei singoli Paesi ed è alle stelle.
Ed è ormai chiaro che a nulla valgono gli sforzi dei singoli Paesi ed è pura
illusione pensare di poter guarire da soli, dentro i confini nazionali, da una
malattia diffusa ovunque. Ecco, a pensarci bene proprio a questo dovrebbe servire
la costruzione europea: a cercare una soluzione comune e concordata alla crisi,
non a rinchiudere ciascuno a casa propria.
Twitter@bmanfellotto
Bruno Manfellotto – L’Espresso – 30 aprile 2014
Nessun commento:
Posta un commento