Il mio primo consiglio
ai giovani è tenere la mente sgombra
dalle ossessioni degli adulti.
A partire dalla agenda
degli impegni.
Quest’anno il tour per la presentazione del libro mi sta
portando in varie università, e il primo consiglio che do parlando ai giovani è
sempre di cominciare trovando la propria definizione di successo: stabilire con
chiarezza che cosa vogliamo, quali sono le cose per noi dobbiamo abbandonare o almeno mitigare alcune
pessime abitudini del mondo adulto nelle quali gli studenti già si trovano
impantanati: il cosiddetto burnout ovvero ritmi di lavoro da esaurimento, la
mancanza di sonno, lo stress e l’ansia. Quasi la metà delle persone di età fra
i 18 e i 29 anni non dorme quanto dovrebbe. Sappiamo che la mancanza di sonno
produce stress, ma lo stress a sua volta rende difficile dormire: secondo il Journal of Adolescent Health, gli
studenti che lo stress tiene svegli di notte sono il 68% e stando a uno studio
pubblicato sulla rivista Professional
Psychology: Research and Practive, tra il 1988 e il 2003 il numero di
studenti universitari che soffrono di depressione è raddoppiato. Il programma
di monitoraggio della salute mentale Screening
for Mental Health rileva che, tra il 2005 e il 2010, l’incidenza della
depressione tra i 18 e i 25 anni è cresciuta del 17%. La buona notizia è però
che i cambiamenti a cui stiamo assistendo negli uffici e nei luoghi di lavoro
“adulti” – l’adozione di pratiche anti stress come la meditazione e lo yoga –
iniziano a entrare anche nella vita universitaria.
Una cosa della quale si può essere assolutamente certi è che
nulla andrà mai come te lo aspetti. Come cantava John Lennon, “la vita è quel
che ti succede mentre sei impegnato a fare altri progetti”. Poco tempo fa mi
sono imbattuta in uno straordinario e commovente discorso tenuto l’anno scorso
da Kathleen Donegan, una docente di inglese di Berkeley. Oggetto del suo
intervento era il modo in cui le donne che svolgono lavori accademici
raggiungono l’equilibrio tra vita e lavoro. Donegan esordiva facendo notare
che, quando parliamo di equilibrio, sovente usiamo il linguaggio tecnico della
contabilità, arrivando a creare liste di cose da fare con tanto di schemi e
colonne. “Non sto dicendo che la mia vita non si basi su liste, schemi e
calendari, perché ci si basa eccome”, ha detto, “ma stasera voglio parlare di
cosa potrebbe succedere se in questo tipo di contabilità e bilanci confidassimo
un po’ meno”.
Ho citato una frase di Eudora Welty che su di lei ha avuto un
effetto profondo. “Scrivere narrativa”, diceva Welty, “mi ha installato un
persistente rispetto per ciò che d’ignoto contiene la vita umana, e una
percezione istintiva di dove cercare i fili, come seguirli, come collegarli,
come trovare nell’intrico la linea nitida che perdura”.
Per la sua vita Donegan aveva previsto una trama nitidissima:
avrebbe avuto tre figli durante la scuola di specializzazione, programmando le
nascite in modo che combaciassero con il suo piano di studi. Non è andata così.
“Per la mia esperienza, il fatto di essere disposti, se non addirittura
costretti, ad abbandonare la trama che si sta seguendo è esattamente ciò che ci
avvicina alla linea nitida di cui sopra”, proseguiva. “Il giorno dopo essere
nato, mio figlio Leo è morto”. Kathleen è stata costretta ad abbandonare i suoi
schemi e i suoi calcoli, per entrare in contatto con verità più profonde. La
capacità di accettare gli imprevisti e i cambiamenti inevitabili della vita, le
perdite, le sconfitte e le sorprese, influenza in modo profondo la nostra
elasticità e la nostra capacità di vivere pienamente. E per tornare a una
filosofia da matricole universitarie, la felicità autentica si può trovare solo nella nostra vita interiore, che
il mondo esterno non può controllare né sottrarci. Il che coincide con un
concetto che i giovani laureati hanno molto a cuore : la libertà.
Come diceva uno degli storici più famosi, Seneca, “una volta
allontanato tutto ciò che agita o ci spaventa, quel che segue è una pace
ininterrotta e una libertà duratura”. Spero che i nostri giovani trovino
l’indipendenza di pensiero necessaria per realizzarla. (traduzione di
Matteo Colombo)
Arianna Huffington – Donna di Repubblica – 3 maggio 2014
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