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domenica 10 settembre 2017

Lo Sapevate Che: Sì ad illusioni e maschere, se ci aiutano a vivere...



A Cosa Serve ciò che non è Natura nell’uomo? Lungamente, talvolta, ci si pone la medesima domanda. Poi un giorno la domanda cambia. A chi serve? E se tutta questa illusoria attribuzione di senso cui l’uomo tende, cucendo significati improbabili a quell’intervallo che separa la sua nascita dalla sua morte, altro non fosse se non una subdola strategia della Natura per infondere l’illusione che valga la pena reiterare quell’intervallo, e in definitiva contribuire alla riproduzione, quindi al proseguimento della specie? Le porge questa questione una giovane donna che non si decide a diventare madre.   Laura  lalla.ca@virgilio.it

Non Si Stupisca e non si rammarichi. Le cose stanno esattamente come dice lei. Noi, al pari di tutti i viventi, siamo funzionari della specie. E siccome non ci rassegniamo, abbiamo inventato nientemeno che la storia, per sentirci autori e soggetti delle azioni che compiamo. Gli uomini pià delle donne le quali, vincolate com’erano fino a pochi anni fa a una sessualità sostanzialmente riproduttiva, non hanno avuto tempo, a differenza degli uomini privi di questo vincolo, di giocare come hanno fatto gli uomini, prima alla caccia, poi alla guerra, appena più evoluti, hanno inventato i miti, poi le religioni, in seguito le ideologie, da ultimo la scienza e la tecnica al momento al servizio del mercato, dettando le leggi che decidono come deve andare il mondo. Un mondo tutto inventato e contrapposto alla natura, ridotta a materia prima da utilizzare, in vista della costruzione del mondo come da loro concepito. “Il mondo come rappresentazione” direbbe Schopenhauer, per sfuggire alla vera realtà costitutiva dal “mondo come volontà”. “Volontà di vita” che si esprime ovunque trova le condizioni, senza ragione e senza perché, quindi “volontà irrazionale”, a proposito della quale Schopenhauer scrive: “Il soggetto del gran sogno della vita è in un certo senso uno soltanto, la volontà di vivere”. E noi siamo in questo vortice capitati per caso, riforniti per un certo tempo di sessualità per la procreazione e di aggressività per la difesa della prole. Poi la specie, che per la sua economia ha bisogno del ricambio degli individui, ci consegna alla morte, con l’indifferenza della Grande Danzatrice che, come vuole l’immagine di Goethe, nella sua danza sfrenata perde gli individui e lei aggrappati, senza consapevolezza, senza fedeltà e senza memoria. Se questo è il senso dell’esistenza: “Meglio per te non esser nato”, diceva il saggio Sileno a Re Mida che gli chiedeva quale fosse la cosa migliore e più desiderabile per l’uomo: “E ora che hai voluto sapere quello che per te sarebbe stato più vantaggioso non sentire, la cosa migliore per te è morire presto”. (..). In questo modo l’illusione da inganno diventa rimedio, per cui scrive Nietzsche: “Se illusioni e maschere ci consentono di vivere, liberiamo tutte le illusioni, indossiamo tutte ke maschere”. Fu così che mentre Schopenhauer, nel conflitto tra vita e verità, stava tragicamente dalla parte della verità e perciò invitata alla rinuncia della vita, Nietzsche prende posizione a favore della vita, capace di offrire il suo dono a chi, pur riconoscendone l’inganno, gioiosamente l’accetta. Per questo ne La gaia scienza Nietzsche scrive: “No. La vita non mi ha disilluso. Di anno in anno la trovo sempre più ricca, più desiderabile e più misteriosa, da quel giorno in cui venne a me il grande liberatore, il pensiero che la vita potrebbe essere un esperimento di chi è vòlto alla conoscenza, e non un dovere, non una fatalità, non una fede. La vita come mezzo di conoscenza. Con questo principio nel cuore si può non solo calorosamente, ma anche gioiosamente vivere e gioiosamente ridere”. A lei, cara Laura, non posso consigliare se mettere al mondo o meno un figlio, ma partendo dalle tragiche premesse schopenhaueriane della sua lettera, le ho descritto, sulla traccia di Nietzsche che considerava Schopenhauer suo educatore, uno sguardo non solo meno tragico, ma addirittura gioioso.
umbertogalimberti@repubblica.it – Donna di La Repubblica – 2 settembre 2017 -

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