Ho Scoperto Che si può amare due persone, progettare due diverse varianti di vita,
indugiare lungamente nel limbo dell’indecisione. Può non esistere una scelta
migliore. Una volta infranto l’ideale di un amore unico, tutto vacilla: se è
possibile amare due, lo è certamente anche amare tre, quattro, cinque. Ma
l’aspirazione a una famiglia “classica”, a un matrimonio, a un percorso di
coppia, non tace. È soltanto un condizionamento culturale o è veramente la
strada più efficace per l’evoluzione? Esiste una buona ragione per scegliere di
sopprimere tutti gli altri amori, in virtù di uno soltanto? A.G. arame.g87@outlook.com
E’ Nella Natura dell’amore nascere dall’idealizzazione
della persona amata che ci affascina per un centesimo della fantasia, che,
nutrendosi di novità, mistero e imprevisto, ha come suoi nemici il tempo, la
quotidianità, la familiarità, che a poco a poco producono il disincanto e
traducono l’amore in un affetto a bassa tensione emotiva. Sarà per questo che
in un suo saggio intitolato Contributi
alla psicologia della vita amorosa, Freud scrive; “Dove amiamo non proviamo
desiderio, e dove lo proviamo non possiamo amare”. Infatti, a differenza
dell’amore che vuole costruzione e stabilità, il desiderio è un atto infondato
che trova insopportabile ogni gesto della ripetizione di cui si nutre la
quotidianità. E perciò, attratto da fascinazioni impreviste, irrompe nella
stabilità dell’ordine, decentrandolo verso linee di fuga dove si smarrisce il
senso che una biografia ha faticosamente costruito. Il desiderio, infatti,
conosce solo il furto e il dono, mai il contratto e tantomeno il giuramento di
fedeltà che, nel tempo dell’innamoramento, è sotteso a ogni promessa, anche
sincera nel suo inganno. L’avventura che il desiderio agogna non è necessariamente
qualcosa di banale, come il tradimento di una notte potrebbe far pensare. Al
contrario essa allude a quel tratto tipico dell’uomo che, a differenza dell’animale,
è sempre proteso oltre il sé, otre la realtà che abita, oltre l’accettazione
rassegnata dell’esistente. Qualcosa di simile a quello che nel linguaggio
religioso si chiama “trascendenza”, di cui i mistici fanno esperienza nelle
loro estasi che grondano di sensualità. Il desiderio è bisogno di trascendenza.
Forse qui sta la felicità. Quella felicità che, sempre a sentire Freud,
“abbiamo barattato per un po' di sicurezza”. Ma salvo alcune eccezioni,
nessuno, per quanto attratto dal fascino ignoto dell’avventura, è disposto a
mettere in gioco interamente se stesso, abbandonando la casa da dove proviene,
la casa che abita, la casa che il poeta Robert Lee Frost definisce come “il
posto in cui, quando ci devi andare, ti devono accogliere”. E siccome lo
spirito d’avventura potrebbe sottrarci la sicurezza e l’accoglienza, di cui, al
pari dell’avventura, abbiamo un assoluto bisogno, finiamo con l’essere lacerati
tra la fascinazione del desiderio e il richiamo della casa. E allora mi vien da
pensare che non è tanto la quotidianità, la familiarità, l’abitudine a
estinguere il desiderio, quanto noi a usare la quotidianità, la familiarità e
l’abitudine per spegnere la passione, allo scopo di difendere la nostra casa,
fino a quel momento accogliente, dal rischio destabilizzante dell’avventura.
(..). Lei mi chiede se si può uscire da questa lacerazione? Penso di no, Al
massimo la si può attenuare, ma per questo si deve essere dei veri artisti,
capaci di accorgersi e accettare il continuo cambiamento a cui nel tempo canno
incontro tutti gli abitanti della casa. Un cambiamento che rinnova la
quotidianità, sbilancia la familiarità, spezza le abitudini e, giorno dopo
giorno, rende insolito e nuovo il tempo. Non è escluso infatti che
quotidianità, familiarità e abitudini che spengono il desiderio nascano dalla
nostra disattenzione all’altro, di cui non avvertiamo i cambiamenti e tanto
meno i desideri che insorgono in lui e che magari potrebbero coincidere con i
nostri. Oppure, attraverso un percorso inconscio e un po' vigliacco, mettiamo
in atto tutto ciò che può spegnere la curiosità e la passione, per garantirci
la sicurezza della casa e difenderci dalla rischiosità del desiderio. In fondo
un amore senza passione è noioso, ma sicuro. Siccome nella vita tutti andiamo
incontro a un cambiamento, per il nostro bisogno di sicurezza non possiamo non
accorgersi del cambiamento dell’altro e, ancora peggio, non possiamo
immobilizzarlo in un nostro schema che ci rassicura, perché in questo caso
estinguiamo la forza del desiderio che è il tratto tipico dell’uomo, mentre la
sicurezza che ci illudiamo di aver così guadagnato ha tutto il sapore di una
prigione.
umbertogalimberti@repubblica.it – Donna di La Repubblica – 26 agosto
2017 -
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