Nell’estate delle sagre e dei
tormentoni, tra mojito e Despacito,
granite e granate, con annesse grigliate, c’è ancora spazio per i riti
catartici. Lo scorso weekend, quasi in contemporanea, mentre a Melpignano
l’estate salentina culminava nell’esplosione dionisiaca della Notte della
taranta del Beneventano, è andato in scena l’ultimo mea culpa dell’Occidente.
Mille incappucciati, coperti da un rigoroso anonimato, si sono battuti a sangue
in onore della Madonna Assunta, sotto l’occhio indiscreto delle telecamere di
mezzo mondo. Nonché di una schiera di antropologi, film makers. Curiosi,
instagramers e selfie made men. Centomila persone per una liturgia di penitenza
che sembra una scheggia di Medioevo. Tutt’altra musica in Salento dove si
celebrava il revival della pizzica. Cioè la danza terapeutica che una volta le
donne “morse” dalla tarantola ballavano fino allo sfinimento per guarire dal
loro male. Certo adesso quello che fu un simbolo di sofferenza, ereditato dal
mondo pagano, è diventato un fenomeno turistico ed economico. Eppure il bailamme del concertone finale, per
quanto si sforzi di apparire puro intrattenimento, conserva una scintilla della
baldoria frenetica delle baccanti. Un’esaltazione collettiva a metà tra il rave
e il festival pop. Due rituali completamente diversi, fortemente religioso
l’uno, decisamente secolarizzato l’altro. Eppure hanno in comune la ricerca di
uno stato di esaltazione collettiva. Dell’anima a Guardia, del corpo a
Melpignano. In ogni caso si tratta di due modi diversi per sentirsi meno
individui e più comunità. Che sia per fede o per Fedez non fa differenza.
Marino Niola – Miti D’Oggi – Il Venerdì di La Repubblica – 1
settembre 2017-
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