“Il test atomico è riuscito. Il nuovo
ordigno all’idrogeno armerà un super missile di tipo intercontinentale dopo la
riuscita del test di oggi”. E’ la traduzione che trovo dell’annuncio fatto da
quella che, se non fosse ormai globalmente nota come portatrice di sventure
minacciate, è di fatto un’icona pop che Warhol avrebbe moltiplicato
all’infinito. Ri Chun-hee, celebre giornalista in pensione che la tv di Stato
nordcoreana rispolverato solo per annunci epocali, fa sapere al mondo,
contenta, professionale e marziale come sempre, che il loro capo supremo ha
un’immutata voglia di giocare alla guerra, e che intanto, nell’attesa che
qualcuno si decida a giocare con lui, si sta esercitando nel cortile di casa. Le
foto di Kim Jong-un che sfiora eccitato la testata nucleare sono facile preda
di fotoritoccatori alle prime armi che giocano nel vederlo alle prese con il
meteorite della pubblicità del Buondì, per ora percepito qui da noi come
intellettualmente più pericoloso. La bomba all’idrogeno di Kim, che dal preoccupato
Giappone fanno sapere essere di dieci volte superiore per potenza a quella
nucleare lanciata su Hiroshima, in attesa di provocare ripercussioni politiche,
ne provoca di ambientali, tipo un terremoto del 6,3 e poi un altro del 4,6 in
acque coreane. Fa tutto parte del gioco. Ognuno, soprattutto se dittatore, si
diverte come può e come sa. Ascoltando Radio3Mondo (sempre interessante),
capisco che le riflessioni degli esperti mi stanno portando a una
preoccupazione più concreta del solito in luogo dell’indolente ma tutto sommato
tranquillo e irresponsabile fatalismo di sempre. In sostanza, si racconta di un
probabile prossimo ritorno della Guerra fredda, ammesso e non concesso che non
ci sia già ripiombati ufficialmente. La Guerra fredda, parametro fondamentale
di ogni posizionamento politico negli anni Ottanta, era basata sul principio
base che nessuno si sarebbe fatto del male se nessuno avesse schiacciato il
bottone sbagliato. In osservanza reciproca del detto “can che abbaia non
morde”, Usa e Urss si limitavano, per così dire, a fare i gradassi con i
piccoli muovendo le armate come fosse Risiko, ma nessuno dei due avrebbe mai
davvero scaraventato in aria il cartellone. Col senno e il progresso
tecnicologico, non si può non notare come le leadership allora (nel Mondo, in
Europa e in Italia), anche quelle più brutte, appaiano per lo più relativamente
più assennate di quelle odierne. L’idea che a tenere a bada Kim ci sia Trump,
per dire, fa di questo precario mondo un Risiko in mano a sconsiderati.
Diego Bianchi – Il Sogno di Zoro – Il Venerdì di La
Repubblica – 15 settembre 2017 -
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