Si vive dentro un tempo sospeso nel
quale sembra che nulla possa cambiare e tutti siano ormai rassegnati
all’assurdo. Fra pochi mesi si andrà alle elezioni inutili, che non daranno una
maggioranza e un governo all’unica democrazia occidentale dove già da sei anni
la guida politica è decisa chissà dove, da chi e perché, in ogni caso non dal
voto dei cittadini. Non si vede rimedio o alternativa e nessuno sa cosa farci.
Se torno indietro con la memoria ricordo soltanto un tempo come questo, l’anno
1992. Le rievocazioni, gli sceneggiati televisivi, i racconti e i saggi
celebrativi di questi mesi – sono passati 25 anni esatti – non hanno reso
neppure alla lontana il tratto più straordinario di quegli eventi, la loro
totale impensabilità. Le inchieste di Mani Pulite erano cominciate da mesi,
simili a tante altre inchieste sulla corruzione prima (e dopo), ma nessuno
immaginava che potessero scuotere il sistema alle radici. A primavera si votò e
la Democrazia cristiana vinse come sempre, sia pure un poco meno, gli alleati
ressero bene e l’eterno pentapartito parve anzi rafforzarsi di fronte a
un’opposizione arlecchinesca e irrilevante, frantumata fra comunisti, post comunisti,
fascisti e leghisti. Le prime pagine dei giornali titolavano sulle magnifiche
sorti del Caf, con Craxi presto premier. Andreotti ministro degli Ester e
Forlani al Quirinale. Pochi mesi dopo invece i palazzi dei partiti che avevano
retto dal Dopoguerra la democrazia italiana crollarono uno sull’altro, come
pezzi di un domino. Il passato è una terra straniera alla quale non si ritorna
mai. Ma la memoria serve durante il cammino a riconoscere i punti dove il
terreno sta per franare, e noi siamo in uno di questi. C’è oggi la stessa
sensazione di procedere nel vuoto: qualcosa deve accadere. Che cosa? Un’altra
rivoluzione mancata? Per la mia generazione il mitico ’92 fu nella sostanza
un’illusione ottica. Sembrava una svolta della storia ed era piuttosto la
caduta in una regressione. Oggi ci sono più corruzione, più mafia di prima. Gli
italiani si erano stancati di un sistema e l’avevano abbattuto, ma non avevano
cambiato la società, se stessi. E alla fine è arrivato Berlusconi ed è rimasto
per vent’anni al potere. Potrebbe perfino tornare, rifatto come nuovo dal
chirurgo. Ma non accadrà. Questa generazione di giovani italiani sembra
migliore della nostra da ogni punto di vista, molto più aperta al cambiamento
vero, per convinzione o necessità. Forse per una volta si può essere ottimisti.
Curzio
Maltese – Contromano – Il Venerdì di La Repubblica – 25 agosto 2017 -
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