“Noi uccidiamo solo persone nere”, dice
un poliziotto americano mentre controlla una passeggera alla guida della sua
vettura. C’è il video, c’è la frase chiaramente distinguibile e c’è il dibattito
online (tra italiani, sul sito italiano) sotto quel video. C’è chi scrive
“palesemente sarcastico, ma chi vive di ideologia ed ignoranza non lo capirà
mai”. C’è chi parla di “umorismo un po' macabro, all’inglese, troppo cerebrale
per i cittadini di un Paese che fa la guerra alle statue”. E c’è chi fa notare
che, sarcasmo o meno, “le parole purtroppo sono confermate dalle statistiche”.
C’è soprattutto, qui come in ogni focolaio di dibattito acceso, la dannazione
del politicamente corretto così fuori moda e fastidioso da essere diventato,
per colmo dei colmi, politicamente scorretto. La sovrapposizione di dibattito
americano e dibattito italiano è immediata, plastica, fisiologica. Di là, come
di qua, la guerra tra poveri là, come di qua, la guerra tra poveri ammantata di
odio razziale utile per campagne elettorali passate e in progress è visibile, tangibile, quotidiana, senza fine. La si
vede ovunque. Nelle parole e nei gesti delle forze dell’ordine, che nella
migliore delle ipotesi eseguono ordini tanto discutibili da essere discussi, a
cose fatte e irrisolte se non complicate, da chi quell’ordine l’ha dato (come
per lo sgombero di piazza Indipendenza, disorganizzato al punto da provocare
l’immediato stop di ogni sgombero se senza alternative pronte). Il clima è poi
tale che nella peggiore delle ipotesi quegli ordini vengono eseguiti abusando
della propria forza, spesso in maniera recidiva, comunque contro gli “ultimi”,
siano questi operai ternani, rifugiati eritrei o neri americani. I giornali
scandagliano social network per scoprire i trend più pop dell’indignazione da
tastiera, i social network vomitano il peggio sperando di essere notati dai
giornali se non dai destinatari dei loro insulti. Accade così che ci si accorga
tutti all’improvviso che in Italia lo stupro non è un fatto episodico ma solo
perché il coinvolgimento di nordafricani ci ha portato a dibattere su
responsabilità politiche e mandanti morali ai quali augurare altrettanta sorte,
soprattutto se donne. La discesa del dibattito agli inferi, quasi inutile
sottolinearlo, è quotidianamente sospinto da autorevoli parlamentari e
opinionisti, ossessionati dall’urgenza di rilanciare notizie utili alla propria
causa, vere o false in pari percentuale, senza filtri né cognizione del proprio
ruolo, omettendo quel che stona o potrebbe disturbare la narrazione che
funziona. Detto ciò, a inizio settembre, mi autodenuncio. Sono consapevole di
aver scritto lo stesso articolo per tutta l’estate. Per quel che conta, e per
quel che accade, temo che continuerò anche in autunno.
Diego Bianchi –Il Sogno Di Zoro – Il Venerdì di La Repubblica
– 8 settembre 2017 -
Nessun commento:
Posta un commento