A Tutti Gli Amici che ho invitato qui: affrettatevi a
venirmi a trovare. Sta cominciando la stagione più bella. La mia New York
preferita è la versione autunnale. Già adesso quando corro in Central Park percepisco
nelle foglie degli alberi un leggero cambiamento: una sfumatura dorata si
aggiunge al verde, è il preludio a quella sinfonia di colori che esploderà a
breve. Le giornate si accorciano ma ci guadagna la limpidezza del cielo, i
tramonti sul laghetto Reservoir sono spettacolari, l’aria serale è fresca e
pungente. Tra i regali che questa città ci prepara ogni anni in quest’epoca, il
Metropolitan Opera invita tutti a godersi la musica e il ben canto, gratis. È
un’iniziativa generosa e intelligente a cui i newyorchesi rispondono con un
entusiasmo commovente. Allestirono ogni sera il piazzale del Lincoln Center con
un maxischermo e un’amplificazione da concerto di Vasco Rossi. Proiettano i
grandi capolavori dell’opera lirica, ripresi in video dalle versioni di maggior
successo che il Met ha messo in scena nelle stagioni precedenti. Quest’anno la
serata di apertura ha avuto una variante interessante: anziché proiettare
un’opera del Met abbiamo visto Il flauto
magico di Mozart filmato 45 anni fa da Ingmar Bergam, un piccolo capolavoro
dimenticato del grande maestro svedese. Poi nelle serate a seguire si spaziava
dal Rigoletto al Barbiere di Siviglia, fino a opere moderne e audaci come L’Amour de Loin della compositrice
finlandese Kaija Saariabo. A me metà del piacere la dà il pubblico. Il successo
dell0iniziativa è una felice smentita di chiunque creda che l’opera lirica sia
in declino. Il vasto piazzale del Lincoln Center viene invaso da folle di
persone tutte le sere. Gli organizzatori dispongono sedie, circa duemila, ma
non bastano. Ogni sera è il tutto esaurito e anche più. La gente lo sa, si
organizza, o sopporta stoicamente. C’è chi arriva due ore prima per occupare il
poso. C’è chi si porta da casa la sedia pieghevole stile picnic. Chi si
accontenta di un semplice cuscino per terra. Tanti, come me, ascoltano in piedi
(un’occasione per ripassare micro-movimenti yoga che prevengono anchilosature,
crampi, mal di schiena). Quando comincia la proiezione, malgrado il piazzale
sia aperto e quindi vi sia anche un via vai di curiosi, turisti, passanti per
caso o abitanti dei palazzi vicini, si crea un silenzio religioso interrotto
solo dagli applausi per le scene più travolgenti. Incredibile per Manhattan,
musica e canto riescono a coprire il rumore di fondo. Sei in pieno centro, in
una grande piazza aperta, ma la proiezione creata dai tre maggiori edifici del
Lincoln Center (teatro dell’opera, balletto, orchestra sinfonica) genera una
sorta di isolamento dal fracasso di auto, taxi, aerei, elicotteri, sirene di
ambulanze e pompieri ecc. La polizia fa rispettare con disciplina inflessibile
alcune regole di sicurezza. In particolare, per quanto siamo numerosi e
accalcati, devono sempre esserci le vie di fuga ampie e sgombre (proprio quello
che non fu fatto in piazza San Carlo a Torino). Il pubblico si attiene senza
fiatare. È uno spaccato della mia New York, ci sono anziani che arrivano
appoggiandosi al bastone e ragazzi in età da liceo, vengono tanti cinesi,
giapponesi e afroafricani. A conferma che la grande musica, compresa l’opera di
Verdi e Rossini, non tramonta mai, affascina generazioni e popoli molto
diversi. Il bello della gratuità è che avvicina alla lirica tutti i ceti
sociali, anche chi non può permettersi un biglietto d’ingresso al Met. La
cultura costa cara a New York, però c’è sempre un modo per aggirare l’ostacolo.
Iniziative analoghe avvengono col cinema all’aperto o il teatro del ciclo Shakespeare in the Park. E la
gente risponde, attenta, appassionata, felice di ritrovarsi insieme per
occasioni così belle e importanti,
Federico Rampini – Opinioni – Donna di La Repubblica – 9
settembre 2017 -
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