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giovedì 14 settembre 2017

Lo Sapevate Che: Perchè Macron non è Machiavelli...



Mezzo millennio dopo la morte, Niccolò Machiavelli vive ancora. È giudicato maestro di cinismo, di inganno oppure ispira rispetto, devozione. Durante la stagione elettorale francese il suo nome è risuonato spesso, come quello di un autore contemporaneo. Il ritratto ricalcava quello fatto da Nietzsche: “pensiero forte, difficile, duro, pericoloso, un ritmo galoppante, e un buon umore indiavolato”. Un carattere di cui alcuni tratti sono stati trasferiti, da commentatori sbrigativi, ignari, al neo presidente Emmanuel Macron. Non per stabilire una somiglianza. Per carità! Nessuno ha osato. <non si è andati oltre la battuta, il pettegolezzo politico e mediatico. E là si è rimasti. Ridotto a un aggettivo (“machiavellico) come accade da secoli, all’autore del “Principe” è stata attribuita la sentenza mai scritta secondo la quale il fine giustifica i mezzi. E questo vale per la ragion di Stato, espressione mai usata alla lettera dallo scrittore fiorentino, anche se la nozione lo riguarda perché designa l’imperativa difesa dello Stato. Il suo nome intatto, non ridotto a un aggettivo, è stato invece un riferimento rispettoso. E tale è rimasta l’intramontabile ricorso ai suoi principi riguardanti la conquista e soprattutto la difesa del potere. Il nesso, abusivo, tra il remoto filosofo e il neo presidente francese era dovuto alla tesi su Machiavelli presentata da Macron all’Università di Nanterre, quando scriveva anche romanzi, studiava filosofia, imparava a suonare il pianoforte, si interessava all’economia e alla finanza, non sapendo quale strada imboccare. Poi, per caso o per virtù, il ragazzo prodigio di Amiens, frastornato dai propri talenti, diventato un giovane uomo ha saputo approfittare della “fortuna”, come si insegna nel “Principe”. E ha puntato sul potere. L’ha conquistato non con l’astuzia e il cinismo definiti “machiavellici”, ma piuttosto con i veri suggerimenti di Machiavelli. È stato il primo della classe, di sempre. Non so se gli servirà come capo dello Stato. Al risveglio dell’interesse (mai del tutto spento) per il fiorentino ha contribuito Patrik Boucheron, uno storico, professore al Collège de France, specialista del Medio Evo e del Rinascimento italiani. Una delle ultime opere di Boucheron si trova in una collezione di eleganti e smilzi libri in cui figurano stampate conversazioni radiofoniche di specialisti di Montaigne, Baudelaire e Proust. Opere adeguate a chi vuol leggere in vacanza, sotto gli ombrelloni o nelle baite alpine. Le trasmissioni alla radio di Boucheron (pubblicate dalle edizioni Eqyateurs France Inter) sono diventate un volume con il titolo “Un été avec Machiavel”. Un saggio scritto con passione e rigore storico. Boucheron ama il suo eroe. Il quale è finito subito nella cronaca politica. Un altro volume, anch’esso giudicato “elettorale” da chi ne contesta il contenuto, troneggia ancora nelle librerie accanto a quello dedicato all’autore del “Principe”, Il suo titolo, “Histoire Mondiale de la France” (edit. Seuil), non è vacanziero. Conta ottocento pagine in cui sono raccolte centoquarantasei cronache (di non più di quattro pagine ciascuna) scritte da centoventidue autori, il cui lavoro è stato coordinato da Patrick Boucher, lo stesso storico di “Un été avec Machiavel. Della grande antologia sono state vendute più di centomila copie mei mesi elettorali. L’opera ha suscitato la collera degli storici tradizionali che l’hanno vista come un’iniziativa politica: una reazione alla dibattuta idea di identità nazionale e all’ondata populista abbattutasi anche sul mondo della cultura. Le centoquarantasei date raccontate nelle altrettante cronache non sono tutte quelle che si insegnano a scuola. E così i personaggi. Non tutte le date e i personaggi sono francesi. Invece di dedicarsi alla vittoria di Carlo Martello sugli arabi, nel 732, ci si sofferma sul saccheggio dei musulmani nel 719 a Perpignan; Vercingetoringe è evocato nel 1828 quando è recuperato come un antenato della nazione francese; de Gaulle non è visto a Londra nel ’40, ma a Brazzaville dove fa rivivere la Francia libera in contrapposizione alla metropoli occupata dai tedeschi; Coco Chanel, Franz Fanon, Simone de Beauvoir tolgono spazio a Giovanna d’Arco e a Napoleone. L’obiettivo è di uscire dalla stori tradizionale, chiamata “romanzo nazionale”, e dimostrare che la Francia ha sempre vissuto in risonanza con il resto del mondo. Per quelle date insolite e quei personaggi, che non ti aspetteresti di trovare, l’opera merita attenzione. È una spallata alla storia tradizionale.
Bernardo Valli – Dentro e Fuori – L’Espresso – 10 settembre 2017 -

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