Quando vediamo una casa e pensiamo “è
lì che vorrei vivere”, quando un paesaggio ci suscita un’emozione profonda, che
non sapremmo comunicare, è probabile che quella casa, quel paesaggio, siano un mindscape. È un neologismo difficile da
definire. Anzi, a quanto è nato, fino a oggi nessuno ci aveva provato in modo
sistematico. Vittorio Lingiardi, psichiatra e psicanalista, professore di
Psicologia dinamica alla Sapienza di Roma, è autore del primo saggio
sull’argomento: Mindscapes (Raffaello
Cortina, che presenterà in anteprima il 16 settembre a Pordenonelegge. “Credevo
di aver inventato io questo termine” ammette “poi ho scoperto che su Google
aveva già milioni di risultati”. Si tratta di un calembour sulla parola inglese
landscape, paesaggio. Mindscape
sarebbe quindi un paesaggio della mente, per Lingiardi, un luogo che è già in
noi e che cerchiamo fuori da noi. Si è fissato nella psiche durante l’infanzia
più remota e ha gettato le basi del nostro rapporto con l’ambiente. Più
precisamente del nostro giudizio estetico sull’ambiente. “I luoghi che
cerchiamo” spiega Lingiardi “così come quello che evitiamo, ci parlano del
nostro ambiente originario, sia come individui che come specie. Secondo alcuni
biologi, le nostre preferenze paesaggistiche contengono la memoria di habitat
ancestrali: le ricerche di psicologia ambientale rivelano una predilezione
diffusa per ambienti che ricordano la savana, lasciando ipotizzare una
familiarità innata con gli scenari africani che hanno ospitato la nascita di Homo sapiens. Sono paesaggi con colline,
spazi semiaperti, alberi con ramificazioni ampie e in lontananza un’area adatta
alle esplorazioni”. Esplorabile e familiare sono due tratti fondamentali del
mindscape, di cui la psicologia evoluzionistica può cogliere solo una parte.
“Ognuno di noi ha dentro di sé i propri luoghi elettivi. Immagini della memoria
e del sogno che trattengono l’essenza delle nostre prime esplorazioni
dell’ambiente e delle relazioni con chi ci ha accudito. Il viso di chi si è
chinato su di noi è il nostro primo paesaggio: al tempo stesso familiare e
ignoto, da esplorare”. Il saggio è anche un dialogo tra scienza e poesia,
narrativa e psicoanalisi. “D’altronde” dice Lingiardi “tanti poeti e scrittori
hanno avuto le stesse intuizioni degli psicoanalisti”. E poi c’è la
neuroestestica, che studia i meccanismi neurali che regolano la visione delle
opere d’arte. La percezione dei paesaggi segue le sesse regole? Sappiamo che
molti oggetti naturali hanno quella che si definisce una geometria frattale, la
ripetizione di un motivo su scala sempre più ridotta. Se mostriamo a qualcuno
trame frattali e trame qualsiasi, il 95 per cento indicherà una preferenza per
le prime. Perché l’idea di mindscape
contiene anche quella di brainscape,
attiene tanto allo studio della mente che a quello del cervello.
Giulia Villoresi – Scienze – Il Venerdì di La Repubblica – 8
settembre 2017 -
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