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mercoledì 13 settembre 2017

Lo Sapevate Che: Quei paesaggi ritornano in mente. Per dirci chi siamo...



Quando vediamo una casa e pensiamo “è lì che vorrei vivere”, quando un paesaggio ci suscita un’emozione profonda, che non sapremmo comunicare, è probabile che quella casa, quel paesaggio, siano un mindscape. È un neologismo difficile da definire. Anzi, a quanto è nato, fino a oggi nessuno ci aveva provato in modo sistematico. Vittorio Lingiardi, psichiatra e psicanalista, professore di Psicologia dinamica alla Sapienza di Roma, è autore del primo saggio sull’argomento: Mindscapes (Raffaello Cortina, che presenterà in anteprima il 16 settembre a Pordenonelegge. “Credevo di aver inventato io questo termine” ammette “poi ho scoperto che su Google aveva già milioni di risultati”. Si tratta di un calembour sulla parola inglese landscape, paesaggio. Mindscape sarebbe quindi un paesaggio della mente, per Lingiardi, un luogo che è già in noi e che cerchiamo fuori da noi. Si è fissato nella psiche durante l’infanzia più remota e ha gettato le basi del nostro rapporto con l’ambiente. Più precisamente del nostro giudizio estetico sull’ambiente. “I luoghi che cerchiamo” spiega Lingiardi “così come quello che evitiamo, ci parlano del nostro ambiente originario, sia come individui che come specie. Secondo alcuni biologi, le nostre preferenze paesaggistiche contengono la memoria di habitat ancestrali: le ricerche di psicologia ambientale rivelano una predilezione diffusa per ambienti che ricordano la savana, lasciando ipotizzare una familiarità innata con gli scenari africani che hanno ospitato la nascita di Homo sapiens. Sono paesaggi con colline, spazi semiaperti, alberi con ramificazioni ampie e in lontananza un’area adatta alle esplorazioni”. Esplorabile e familiare sono due tratti fondamentali del mindscape, di cui la psicologia evoluzionistica può cogliere solo una parte. “Ognuno di noi ha dentro di sé i propri luoghi elettivi. Immagini della memoria e del sogno che trattengono l’essenza delle nostre prime esplorazioni dell’ambiente e delle relazioni con chi ci ha accudito. Il viso di chi si è chinato su di noi è il nostro primo paesaggio: al tempo stesso familiare e ignoto, da esplorare”. Il saggio è anche un dialogo tra scienza e poesia, narrativa e psicoanalisi. “D’altronde” dice Lingiardi “tanti poeti e scrittori hanno avuto le stesse intuizioni degli psicoanalisti”. E poi c’è la neuroestestica, che studia i meccanismi neurali che regolano la visione delle opere d’arte. La percezione dei paesaggi segue le sesse regole? Sappiamo che molti oggetti naturali hanno quella che si definisce una geometria frattale, la ripetizione di un motivo su scala sempre più ridotta. Se mostriamo a qualcuno trame frattali e trame qualsiasi, il 95 per cento indicherà una preferenza per le prime. Perché l’idea di mindscape contiene anche quella di brainscape, attiene tanto allo studio della mente che a quello del cervello.
Giulia Villoresi – Scienze – Il Venerdì di La Repubblica – 8 settembre 2017 -

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