La preistoria del tabacco finisce
nell’ottobre 1492 a Cuba, quando due luogotenenti di Cristoforo Colombo
celebrano la scoperta del Nuovo mondo convinti di festeggiare lo sbarco in
Cina. Secondo l’uso locale si mettono comodi e aspirano l’aroma di “una specie
di erba”. Seguono oltre cinque secoli di fumo, che portano la Nicotiana tabacum a migrare dal
continente d’origine verso il mondo intero: difficile trovare un’altra pianta
coltivabile dalla Polonia allo Zimbawe, e difficile trovare un altro rito
diffuso in Indonesia come in Lussemburgo. Fino a non molti anni fa il tabacco
era popolare e universale come il pallone. Oggi prevalgono riserve e anatemi, e
ci si chiede se il futuro della nicotina non le stia inesorabilmente alle
spalle: “Dal 2005 al 2012 il consumo di sigarette nel mondo è cresciuto
dell’8,2 per cento” precisa Carlo Sacchetto, economista, agronomo, tra i
massimi esperti europei di coltivazione del tabacco. “Dal 2013 c’è stata una
battuta d’arresto, ma si stanno facendo investimenti enormi per rilanciare la
nicotina in modalità meno nocive per la salute”. Non sarebbe la prima, non sarà
l’ultima ma metamorfosi: la sigaretta nasce in Spagna nell’800, ma a quel tempo
il tabacco è già stato fiutato e fumato per secoli, segnando il destino di
grandi imprese, stati sovrani e interi continenti. La pianta a foglia larga e
aromatica è una delle commodity che
hanno plasmato il nostro mondo, e resta tra i prodotti agricoli a più alta
intensità di manodopera: “Per un ettaro di grano ci vogliono dieci ore di lavoro
all’anno fa notare Carlo Sacchetto. “Per uno di tabacco si va da un minimo di
200 a un massimo di 2.500 ore per le varietà più pregiate”. Il tabacco è una
delle ultime coltivazioni in grado si mantenere intere comunità. (..).
Difficile dire se venne prima il piacere o la dipendenza. I primi europei che
apprezzarono la pianta americana si resero presto conto che “non era in loro
potere” liberarsene. La Chiesa riprovava tanta mollezza, ma nel nuovo mondo i
preti fumavano tutti, spesso anche durante la messa. Non solo. Il tabacco era
buono e soprattutto “salutare”. Ebbene sì, la storia europea del tabacco inizia
con un paradossale consenso sulle sue proprietà terapeutiche. Se in America lo
si usava per curare il mal di denti, in Olanda diventa “il mezzo migliore per
scongiurare la peste”, in Spagna l’unguento che cura “qualsiasi ferita”, in
Francia addirittura un potente farmaco anti-cancro, tanto che alla corte di
Caterina de’ Medici – assicura Gately – si assumeva tabacco come oggi si
consumano vitamine. Alla luce delle 700 mila morti annue stimate tra i fumatori
della sola Ue, non proprio una scelta azzeccata. Nel 2015 nel mondo si sono
prodotti 6.226 miliardi di sigarette, in aumento del 5 per cento rispetto a
dieci anni fa, ma in leggero calo sull’ultimo biennio. Sono dati che ci
riguardano, non solo perché lo Stato italiano incassa oltre 10 miliardi di euro
all’anno solo di accise, ma anche perché il nostro Paese è il primo produttore
europeo di tabacco. E’ dedicata al tabacco la prima colonia inglese nel
nuovomondo, finiscono a coltivare Nicotiana tabacum i primi schiavi africani
che sbarcano in Virgiia nel 1619, e sono coltivatori di tabacco praticamente
tutti i firmatari della Dichiarazione d’Indipendenza di Filadelfia. Fu pensando
agli enormi guadagni dei signori del tabacco che a Londra il caustico Samuel
Johnson finì per chiedersi: “Come mai le grida più forti per la libertà si
fanno sentire tra i negrieri?”. Difficile rispondere, ma da quel mix di grandi
raccolti, pratiche-odiose e buoni propositi nacquero gli Stati Uniti d’America.
Ma è una storia agli sgoccioli? Anni fa Warren Buffet, il mitico investitore di
Omaha, diceva di amare il business delle sigarette perché “costano un penny, si
vendono a n dollaro, provocano dipendenza e fidelizzano il cliente”. Sembrava la quadratura del marketing, ma nel
2015 per la prima volta se ne sono vendute meno anche in Cina. Forse il tabacco
tornerà presto a curare il mal di denti. A lungo, però, resterà l’eco di un
vizio che ha attraversato mezzo millennio, cinque continenti e ogni tonalità
dell’umana esperienza: in una leggenda congolese si paragona il fumo alla
“carezza di una madre per il bambino malato”; in un resoconto della compagnia
delle Indie occidentali più sobriamente si scrive: “Se non avessimo il tabacco
sarebbe difficile fare qualsiasi commercio”.
Raffaele Oriani – Economie – Il Venerdì di Repubblica – 27
gennaio 2017 -
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