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venerdì 10 febbraio 2017

Lo Sapevate Che: L'Energia verde che fa male agli alberi...



Se la foresta di Bialowieza – novecento chilometri quadrati di bosco fra Polonia e Belorussia – potesse parlare, racconterebbe di un passato con sovrani a caccia, cavalli al galoppo e levrieri al seguito. Ora invece tra i suoi sentieri risuona spesso lo sferragliare di camion che trasportano tronchi spezzati. L’inverno, l’opposizione degli ecologisti e l’attenzione mediatica hanno bloccato per il momento le motoseghe, ma di certo non la fame di legna del continente. Secondo l’ultimo rapporto Eurostat, la produzione dafonti rinnovabili dell’Unione Europea è cresciuta del174 per cento negli ultimi quindici anni. Ma a ben guardare il 63,1 per cento di questo totale è composto da biomasse solide: legna da ardere per il riscaldamento domestico, come il pellet per le stufe, oppure residui di tronchi e rami, che ridotti in scaglie diventano “cippato” e vanno così ad alimentare le grandi centrali a biomassa. Le bioenergie sono considerate una fonte rinnovabile a tutti gli effetti: la definizione della Ue si basa infatti sul principio del saldo zero di carbonio, e la combustione del legno viene compensata dal CO2 fissato dalla pianta durante la sua vita. Il bilancio è quindi considerato in pareggio, a differenza di quello che avviene nei combustibili fossili, le cui emissioni rimangono a lungo in atmosfera. Ecco spiegati i forti incentivi promessi dalla Commissione europea che, in pochi anni, hanno generato un mercato fiorente. La materia prima arriva prevalentemente dall’Est Europa, Russia in tesa, oppure dai grandi boschi del Sud degli Stati Uniti, per esempio quelli della Louisiana. O ancora, dalle foreste vergini indonesiane, dove il taglio di alberi avviene per fare posto a piantagioni intensive come quelle di olio di palma. Secondo uno studio appena pubblicato sulla rivista Science Advances, le aree forestali infatti, cioè quelle in cui l’impatto dell’uomo è rimasto minimo, sono globalmente diminuite tra il 2000 e il 2013 del 7,2 per cento, con una perdita complessiva di 920 mila chilometri quadrati d’intera superficie della Nigeria). Nel suo The Black Book of Bioenergy (Il libro nero delle bioenergie) la BirdLife International, organizzazione non governativa con sede centrale a Bruxelles e due milioni di sostenitori nel mondo, raccoglie diversi casi che riguardano l’Europa. Quello dello Slovacchia, per esempio, dove l’uso del legno è cresciuto del 70 per cento dal 2005, arrivando a rappresentare la principale fonte di energie rinnovabili. Con tagli che non risparmiano aree protette come la Poloniny National Park: In Finlandia, dice sempre Birdlife, le pratiche di taglio puntano non solo al fusto delle piante, ma anche ai ceppi. E questa è una pratica che determina un grave impoverimento del suolo e della biodiversità, perché ceppi e tronchi morti rappresentano una fonte di nutrimento per il terreno e, di conseguenza, per gli animali che lì vivono. P in Europa è il chiaro scopo per cui, nel 1992. Proteggere con le foreste anche la biodiversità in Europa è il chiaro scopo per cu, nel 1992, è stata istituita la rete Natura 2000. “Con questa iniziativa l’Unione prevedeva per legge un insieme di zone di protezione e conservazione speciale” spiega Ariel Brunner, esperto per le politiche europee di Birdlife International. “Il problema è che questo scudo copre circa la metà delle superfici boschive, ma la gestione dei siti è demandata ai singoli Paesi”. Un buono strumento sulla carta, insomma, che però non vieta totalmente i tagli “e che può essere facilmente aggirato in vari modi” dice Brunner. Il caso più eclatante riguarda proprio l’area forestale di Bialowieza, che ospita un complesso ecosistema di alberi antichi, insetti, uccelli e mammiferi, compreso il bisonte europeo. Il governo polacco ha formalizzato nel maggio scorso un piano di taglio decennale che dvrebbe comprendere 180 mila metri quadrati di foresta. Il motivo, ha dichiarato il Ministero dell’ambiete, è fermare l’invasione di un insetto infestante, il coleottero degli abeti rossi, che causa l’essicamento delle piante e si propaga con estrema velocità. Una vicenda che ha avuto risalto sui media, in cui a schierarsi accanto alle associazioni locali e non governative sono state anche diverse voci del mondo accademico, con articoli sulla rivista Nature. (..). In altre zone il taglio, invece, c’è già stato, e in modo del tutto illegale. Diversi i casi segnalati, specie nell’Est. L’ultimo in ordine di tempo riguarda le foreste dei Carpazi, nel parco naturale Putna-Vrancea in Romania. Secondo un’inchiesta della ong internazionale Eia (Environmental Investigation Agency) la più grande azienda di lavorazione del legno austriaca, la Holzindustrie Schweighofer, continua a comprare materiale che proviene proprio da qui, cioè da una zona unica per l’ecologia dell’intera area balcanica. “Le pratiche con cui è stato ottenuto questo legname sono illegali e insostenibili” dice l’Eia e “Schweighofer sta ancora traendo profitto dalla distruzione di alcune preziose foreste rumene”. (..). Tra le pratiche che danneggiano le foreste rumene c’è il falso thinning (l’abbattimento selettivo di alcune piante usato come pretesto per tagliare invece a raso), registrato in tutto l’ultimo decennio. E tra i motivi che hanno condotto a questa situazione in Romania, l’Eia parla esplicitamente della mancanza di fondi per applicare le direttive ambientali, unita a una corruzione locale “pervasiva”. Detto tutto questo, un dato positivo sembra esserci: la superficie boschiva europea risulta complessivamente in aumento. Purtroppo però l’aumento è dovuto soprattutto ai Paesi con estese superfici montane, come il nostro. “L’Italia ha di fatto raddoppiato i suoi terreni boschivi negli ultimi cinquant’anni” spiega Davide Pettenella, docente del Dipartimento territorio e sistemi agroforestali dell’Università di Padova, “ma il 70 per cento del territorio è in aree montane e collinari, dove l’agricoltura, che nei secoli passati aveva conquistato molti terreni, è in diminuzione e lascia spazio alla crescita spontanea del bosco”- (..). Che fare dunque? E’ veramente possibile coniugare la domanda di legno in crescita con la cura delle aree forestali, tanto più se antiche e protette? A puntare su un prelievo sostenibile sono alcuni consorzi, come il Forest Stewardship Council. Questo rilascia le sue certificazioni a tutte le imprese coinvolte nel commercio di carta e legno che vogliano dimostrare la provenienza della materia da loro utilizzata e una gestione forestale responsabile. Per ottenere la certificazione devono essere valutate tutte le modalità con cui è gestita l’area forestale: dalle prime fasi di pianificazione degli interventi alle fasi operative in campo, fino all’abbattimento e all’estrazione del legname”. Forse, se Bialowieza potesse veramente parlare, il messaggio suonerebbe chiaro: un albero non vale un altro. E capirlo può essere conveniente per tutti.
Anna Romano e Alessandro Vitale – Scienze – Il Venerdì di Repubblica – 3 febbraio 2017 

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