Su Una Strada della Virginia rurale nel 196°,
un’automobile è ferma sul ciglio. Due gambe di donna spuntano da sotto il
cofano, mentre due altre donne ronzano attorno alla macchina in panne,
guardando nervosamente l’orologio. Un’autopattuglia della polizia si avvicina e
ne scende un trooper, un agente. Si avvicina circospetto a quel quadretto tanto
inconsueto in una Virginia. Ancora profondissimo Sud in quegli anni, dove già
un “Negro”, secondo la dizione del tempo, al volante era un’eccezione e tre
donne, una delle quali sdraiata sotto il motore, erano praticamente
un’astronave con alieni a bordo. L’incredulità del poliziotto diviene
sbalordimento quando le tre donne sfoderano dalle borsette le tesserine
plastificate che le identificano come dipendenti della Nasa, l’agenzia spaziale
creata pochi anni prima dal presidente Eisenhower. Contrito, il poliziotto si
offre di rimettere in moto l’auto e di scortarle fino alla base di Langley
dov’erano in servizio, offerta che rifiutano cortesemente. Una di loro, la
mezza donna riaffiorata da sotto, caccia un lungo cacciavite nell’impianto
elettrico, fa scoccare la scintilla e il motore si riavvia ubbidiente. Comincia
così il film Hidden Figures, che
uscirà in Italia a marzo con il titolo Il
diritto di contare, e racconta la storia di tre donne. Katherine, Dorothy e
Mary, che dai villaggi della Virginia ancora segregata, da scuole elementari
scalcagnare e piccole università per £coloranti divennero protagoniste dei
calcoli che avrebbero portato in orbita gli astronauti del Programma Mercury
come John Glenn, e poi sulla Luna gli uomini dell’Apollo. Nel loro viaggio dal
Sud più arretrato allo spazio, che portò una di loro, Jatherine Johonson, a
ricevere dalle mani del Presidente Obama la “Medaglia della Libertà”, la più
alta decorazione civile americana, c’è insieme tutto il meglio e il peggio
della storia americana del XX Secolo. Le tre donne dovettero il proprio volo
allo spaventoso tornado della guerra. Nel 1943, i militari rastrellavano
chiunque, maschio o femmina, bianco o nero, fosse in grado di masticare
equazioni e fisica. Come centinaia di donne furono risucchiate dal Progetto
Manhattan per la bomba atomica, così migliaia di persone con qualche conoscenza
dell’ingegneria o della neonata tecnologia informatica furono ingaggiate
dall’industria aeronautica. Katherine, Dorothy e Mary furono assunte,
nonostante il colore della pelle e i pregiudizi sulle donne, inadatte alle
scienze. Fecero carriera. Divennero indispensabili parti dell’immenso congegno
che doveva rincorrere i successi sovietici dello Sputnik w si Gagarin.
Insegnavano ai colleghi maschi come e che cosa calcolare e Katherine, che
doveva essere sostituita da un nuovo supercomputer IBM, fu ‘unica a sapere come
farlo funzionare. Divenne l’angelo custode di John Glenn, il primo americano in
orbita, che esigeva di aere tutti i calcoli sulla sua missione controllati e
corretti da lei. Ma fino alla metà degli anni ’60, quando le leggi piegarono
anche la resistenza dei virginiani, le tre donne dovettero vivere da “separati
in casa”. Dovevano lavorare in uffici a parte. Consumare i pasti in tavoli
diversi. Andare in bagni far colored e non bere alle fontane “per soli
bianchi”. Con la loro intelligenza e preparazione avevano sconfitto i
pregiudizi dei colleghi maschi. Ma non c’era stata equazione che fosse riuscita
a cambiare il colore della loro pelle e la demenza del razzismo, fino
all’intervento d’autorità del governo. Una di lor. Katherine, quella che fece
ripartire l’auto in panne, è ancora viva, ormai prossima ai 100 anni. Ha
mandato un uomo bianco sulla Luna e un uomo nero alla Casa Bianca. Ma quei
viaggi sono finiti.
Vittorio Zucconi – Opinioni – Donna di Repubblica – 4
febbraio 2017 -
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