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domenica 19 febbraio 2017

Lo Sapevate Che: Perchè Calvino amava il reazionario Conrad...



È Leggendo “Nostromo”, non riaperto da decenni, che ho pensato a lui. Italo Calvino abitava davanti al Café de Flore, a Saint-Germain-des-Prés. E capitava che attraversasse la strada per venire a rispondere alle mie domande. Ma poi si stufò di darmi interviste su scrittori o libri da rievocare. Con un sorriso mi disse che se volevo continuare a vederlo dovevo smetterla con quelle interviste. Lo annoiavano. E così al Café de Flore ci dedicammo ad altro: a quelle che chiamo, forzando un po' la mano, le nostre partite a carte. Per divertimento accadeva che ricordassimo le trame dei romanzi di Stevenson e di Conrad. Se allora avessi saputo che aveva scritto la tesi di laurea su Conrad, non avrei affrontato con tanta baldanza quella che era diventata quasi una gara. I nomi, i luoghi, le situazioni delle opere di Stevenson e di Conrad: del “Signore di Ballantrae^, del Dottor Jekyll e Mister Hyde”, dell’“Isola del Tesoro”, di “Cuore di tenebra”, di “Tifone”. Di “Lord Jim” …: gli uscivano di getto costringendomi a un’affannosa rincorsa nel tentativo di tenergli testa. La frustrazione era grande. “Nostromo” segnò la mia sconfitta più clamorosa. Calvino conosceva tutto. I luoghi anzitutto: Sulaco, città costiera di Costaguana, piccola repubblica sud-americana sconvolta dalle rivoluzioni. E anche i personaggi, il cui destino tragico è legato all’argento della miniera di San Tomé, vicino a Sulaco: Nostromo, un italiano, il cui nome era Battista Fidanza, andato a cercar fortuna in quelle terre, dove ha conquistato fama di uomo coraggioso tra gli scaricator del porto; e l’amico Martino Decoud, giornalista intelligente innamorato di Antonio Avellanos. Il mio antagonista del Café de Flore mi riassunse la trama che conoscevo, ma che non avrei saputo condensare in così poche parole. Ricordava tutti i nomi che avevo dimenticato. Dopo  tanti anni li ho ritrovati leggendo di nuovo “Nostromo”. Di quegli incontri al Flore mi è rimasto un rimpianto: di non avere interrogato Calvino sul Joseph Conrad reazionario e conservatore che amava tanto. E che anch’io amavo e continuo ad amare. Ammiro, come lettore, tanti altri scrittori reazionari e conservatori, ma amare è un’altra cosa. Nel Suo Scaffale Ideale Calvino metterà Conrad accanto a Stevenson, pur riconoscendo che era quasi il suo opposto come stile e come vita. Ma più di una volta era stato tentato di spostarlo su un altro ripiano, per lui meno sottomano, quello dei romanzieri analitici, psicologici, dei James e dei Proust, “recuperatori di sensazioni trascorse”. Conrad, scrittore avventuroso, ma non avventuroso soltanto, ebbe del resto con James e con Proust scambi di reciproca ammirazione. Calvino ha scritto della collocazione ideale di Conrad in occasione del trentesimo anniversario della morte avvenuta il 3 agosto 1924. E adesso noi possiamo ricordare che nel nostro 2017 ricorre il centosessantesimo anniversario della nascita. Il breve saggio, scritto dal Calvino trentenne, lo si trova in “Perché leggere i classici”, libro curato dalla moglie Esther Singer ed edito da Mondadori. All’Autore di “Nostromo” andrebbe su misura anche lo scaffale degli esteti più o meno maledetti, alla Poe. Per le sue oscure inquietudini d’un universo assurdo potrebbe avere come compagni perfino gli “scrittori della crisi”, raggruppati in un disordinato settore. Ma in queste numerose collocazioni ideali, cui ha diritto per le diverse qualità, Conrad è sempre là, a portata di mano di Calvino. Che trova nei suoi racconti quel che è così difficile da scrivere: il senso di un autentico inserimento nel mondo scoperto nella vita pratica; il senso dell’uomo che si realizza nell’azione; oltre all’ideale di avere la schiena dritta “sulla coèerta dei velieri come sulla pagina”. Certo Conrad fu un reazionario irriducibile. Ma anche antimperialista. André Gide, che aveva ammirato il racconto ambientato nel Congo (“Cuore di tenebre”) gli dedicò il suo “Viaggio nel Congo”, una denuncia della brutale dominazione coloniale. Conrad vedeva l’universo come uno spazio oscuro e infido, da quando i velieri non correvano più da soli su mari e oceani, e l’irruzione dei vapori, simboli di una detestata e fanatica epoca, aveva sconvolto il vecchio ordine. Al nuovo universo tenebroso contrapponeva le forze dell’uomo, il suo ordine morale, il suo coraggio. Per questo il giovane Calvino, allora comunista, dichiarò con la tesi di laurea il suo amore al conservatore Conrad. L’amava ancora quando in età matura, al Café de Flore, mi raccontava le trame dei suoi romanzi.
Bernardo Valli www.lespresso.it – L’Espresso – 12 febbraio 2017

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