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martedì 7 febbraio 2017

Lo Sapevate Che: Nel cuore del Paese dove sembra tornata la guerra...



“Una neve così l’ha fatta solo nel’45, impedì ai tedeschi di arrivare fin qui. <o perlomeno è quello che mi hanno sempre raccontato. Io avevo cinque anni”. A Colledara, provincia di Teramo, ci si ostina a pensare alla neve, compagna di una vita, in termini positivi. Intorno a noi, nel mentre, continua a pioviccicare sui due metri di bianco che in quasi tutta la provincia hanno sepolto e bloccato la vita per giorni, eccezion fatta per la scossa di terremoto che ha smosso tutto all’improvviso, per l’ennesima volta. Montagne, terra, neve, case, persone, animali, cuori, teste, tutto rischia di venire giù. “Io non ho paura della neve” mi dice un anziano, con la pala in mano, mentre arranco in salita. “Ho paura di quell’altra cosa” continua con un filo di voce, fissando il vuoto e i ricordi dell’ultima scossa. Qui, tra Vico e Forca di Valle, frazione isolate (senza strade percorribili, senza luce, senza telefono, senza carburante, senza riscaldamento), si arriva solo a piedi o con i “bruchi” dell’esercito, che fanno quel che possono per liberare persone o portare viveri e carburante utile per i pochi gruppi elettrogeni sparsi sul pendio. “Se ne sono andati quasi tutti, sono rimaste una ventina di famiglie, i più tosti” raccontano quelli restati a presidio del paese, nell’ultimo bar. “Qui c’è la piazzetta” mi dice un signore prima di offrirmi una Sambuca tenuta in fresco nella neve. Ma la piazzetta la devi immaginare. La neve smussa tutto, livella ogni dosso, rende uguali case e chiese, tutte comunque vuote, silenti, spettrali. “Ieri il Soccorso alpino è arrivato in una frazione di Montorio al Vomano raggiungibile solo con le motoslitte: gli abitanti del posto li hanno aggrediti cercando di prendere loro il carburante dei mezzi perché non ne avevano più per riscaldarsi” racconta un volontario della Croce Bianca. Gli aneddoti, come le ore che vivo, sono quelli di guerra. Una ragazza mi mostra il centro di Montorio, ottomila abitanti. Tutta “zona rossa” dal terremoto di ottobre. Un’altra mi porta davanti a casa sua, a Ornano Grande, l’unica abitabile di un agglomerato di abitazioni inagibili e pertanto inabitate dal terremoto del 2009. A tarda sera raggiungo un ragazzo di Rosara, frazione di Ascoli Piceno, senza luce da giorni. Di cento persone circa che qui abitavano ne sono rimaste una ventina. Un gruppo elettrogeno gli ha portato la luce due ore fa. Suo fratello, dopo una settimana, ci è potuto fare la doccia. A pochi chilometri da Roma, nel cuore dell’Italia del 2017, in questi giorni si vive così. O si va via.
Diego Bianchi – Il Sogno Di Zoro – Il Venerdì di Repubblica – 3 febbraio 2017 -

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