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sabato 18 febbraio 2017

Lo Sapevate Che: Se il sorriso cambia (per sempre) una vita...



“L’Inverno Successivo, della ferita non rimaneva che una piccola cicatrice appena visibile. Ironia della sorte, quella fu l’estate in cui Hassan smise di sorridere”. E’ una citazione da Il cacciatore di aquiloni di Khaled Hosseini. Anche nel romanzo di Agots kridtof Trilogia  della Città di K. c’è un personaggio chiamato Labbro Leporino, una ragazza che fa un’orribile fine anche a causa della sua malformazione. Ho letto questi romanzi nell’estate del 2008, avevo da poco realizzato campagne pubblicitarie per prodotti di cosmesi, lavorato con modelle bellissime. Avevo guadagnato abbastanza da potermi permettere di lavorare gratis, così ho chiesto a Operation Smile di seguire una missione medica a mie spese. Sono partita come volontaria”. Chi parla fin qui, e anche in seguito, è Margherita Mirabella. Giovane fotografa italiana trapiantata a New York, spesso in viaggio nelle zone più povere dell’Africa. La sua storia voglio raccontarla dando a lei la parola. (..). Tanto più nel caso di Margherita: la malformazione del labbro leporino che colpisce tanti bambini alla nascita è così brutta che pochi magazine oserebbero ospitare le sue fotografie. In Occidente il costo dell’operazione è alla portata di tutti, nei paesi poveri può diventare una condanna all’infelicità. Il caso di Margherita è anche un esempio per tanti giovani: il mestiere del fotoreporter è più vivo che mai. Ma non voglio rubarle altro spazio, le restituisco la parola: “ricordo”, mi scrive Mirabella di ritorno da una delle sue missioni, “la sensazione di smarrimento il giorno dello screening: centinaia di persone, bambini, adolescenti e adulti attendevano di essere visitati e speravano nell’intervento. Non avevo mai visto una cosa del genere, ma non ho, né allora né mai, provato repulsione o fastidio per le malformazioni facciali. Per molti sono insostenibili, io vedevo e vedo la bellezza oltre il difetto. I pazienti lo sentono e si lasciano fotografare da me perché si fidano, e soprattutto si fidano di Operation Smile. Dal 2008 a oggi credo di avere partecipato a una ventina di missioni in Africa, Asia, Medio Oriente. Ho la fortuna di poter tornare a distanza di mesi o anni egli stessi siti e di ritrovare alcuni dei pazienti per raccontare come e quanto l’intervento abbia cambiato le loro vite. Molte delle persone che incontriamo non hanno mai visto un ospedale o una sala operatoria, in alcuni paesi non c’è accesso a cure mediche, non ci sono chirurghi plastici. Operation Smile si focalizza anche sull’insegnamento, così che un giorno non sia più necessario tornare in un determinato paese; cerca insomma di rendere indipendenti i medici e gli ospedali locali. Un bambino di pochi mesi non sa di essere diverso dagli altri, non ha ancora vissuto il rifiuto, lo scherno, la cattiveria, la superstizione, non è stato recluso. Diversa la storia per i bambini più grandi, per gli adolescenti e gli adulti: mi sorprende sempre vedere come cambia il loro sguardo dopo l’intervento. Non si sentiranno più diversi, mostruosi, respinti e insultati, torneranno a scuola e a una normale vita sociale. Non andiamo in zone di guerra o pericolose, non necessariamente salviamo vite, ma le cambiamo, questo è ceto. Io non ho figli, non so cosa si provi a essere madre, ma ne ho conosciute centinaia e le ho seguite e raccontate mentre affrontavano l’intervento chirurgico dei loro bambini, dalla speranza all’ansia fino a quel momento di gioia pura nel riabbracciare la loro creatura nella Recovery Room, il primo sguardo che si posa sul volto nuovo”.
Federico Rampini – Opinioni – Donna di Repubblica – 11 febbraio 2017

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