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lunedì 6 febbraio 2017

Lo Sapevate Che: Quanto conta nella tua vita una banconota?...



Soldi. Da qualche tempo non riesco a scrivere, pensare o anche solo leggere di qualcosa che non siano i soldi. Nessuno di noi ci riesce, perché l’India è nel pieno di una crisi seria da questo punto di vista. A novembre siamo rimasti tutti in fila per giorni davanti agli sportelli delle banche, ai bancomat, agli uffici postali e alle pompe di benzina per scambiare banconote da 500 e 1000 rupie che dall’oggi al domani sono state dichiarate obsolete. La transizione non è stata indolore: 55 persone sono decedute per l’ansia; alcuni bambini sono morti perché gli ospedali privati non accettavano le vecchie banconote; donne che nascondevano i soldi ai mariti violenti o alcolisti sono state costrette a confessare i loro risparmi. Il Governo ha preso questa decisione per costringere la gente a consegnare il denaro “nero”, non tassato, che ritiene sia ammassato in banconote di grosso taglio. L’ha fatto senza preavviso. La cosa più strana è che ha introdotto una banconota da 2000 rupie! Se le banconote da 1000 rupie favoriscono la corruzione, quale vantaggio porterà un biglietto da 2000 rupie? Almeno il 70% degli indiani lavora in nero, e la maggior parte non riceve neppure un salario regolare. Se per un mese non trovano lavoro, fanno la fame. Il 90% di tutte le transizioni avviene in contanti: i contadini per pagare i semi e assumere braccianti; i trasportatori per comprare cibo e carburante. Io vivo nella più grande città dell’India, ma il mio alimentari di quartiere non prende le carte di credito. Il lattaio, il netturbino, il falegname, il guidatore di risciò, tutti devono essere pagati in contanti. Questo pasticcio viene chiamato “demonizzazione”, o congelamento della moneta. La faccenda è tanto più incasinata se consideriamo che l’86% della nostra moneta circolante consisteva in banconote da 500 e 1000 rupie. Senza queste banconote “di grosso taglio”, si bloccava quasi tutto. Per comprare frutta, verdura pane, latte e dell’olio per una famiglia di quattro persone servivano ogni giorno 500 rupie. Per dare un’idea, un chilo di mele costa 150 rupie. Qui in India centinaia di milioni di persone vivono con meno dell’equivalente di un euro al giorno. La maggior parte della gente non ha carte di credito, Sui social media girano messaggi che chiedono alla borghesia di comprare cibo e altri prodotti di uso quotidiano dai venditori ambulanti, che hanno un disperato bisogno di contanti, invece di fare la spesa nei grandi supermercati o ei centri commerciali. Pare anche che molti commercianti e venditori ambulanti locali permettano ai loro clienti di classe media di portardi via beni e servizi a credito, senza chiedere cambiali o pagherò di alcun tipo. Negli ultimi mesi mi è sembrato di stare di nuovo negli anni ’80. L’India in cui sono cresciuta era anche piena di code e penuria di merci. Le code erano la cosa di cui le classi medie si lamentavano più spesso, il fattore che confermava il nostro status di Pace del terzo mondo. Stavamo in coda per comprare i biglietti del treno, per avere un documento, per iscriversi a scuola e all’università, per prendere l’acqua dai rubinetti di quartiere, per usare il gabinetto o farci un bagno, per comprare frumento e riso nei negozi statali a prezzo calmierato, per una visita medica, per pagare le bollette del gas e dell’elettricità, persino per venerare gli dei nei templi più frequentati. Naturalmente facevamo la fila anche nelle banche per ritirare contanti. Presumo che tra qualche settimana le cose torneranno alla normalità, una volta che le nuove banconote saranno entrate davvero in circolazione. Ma gli indiani hanno pagato un prezzo troppo alto per tutta questa operazione. (traduzione di fabio Galimberti)
Annie Zaidi – Opinioni – Donna di Repubblica – 28 gennaio 2017

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