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sabato 11 febbraio 2017

Lo Sapevate Che: Il secolo brevissimo e la politica esausta...



 Mica Dobbiamo farcene un cruccio se al contrario di gran parte del mondo, amico e no, non si vede spuntare l’uomo (o la donna) forte alle nostre latitudini. Sospiro di sollievo, abbiamo già dato. Metti che Silvio Berlusconi non si fosse allitterato in berlusque. Che Matteo Renzi fosse stato un proto Tsipras piuttosto che un tardo Blair. Che Matteo Salvini nel guado tra federalismo e nazionalismo non naufragasse in un copia-incolla pseudo lepenista. O che Beppe Grillo avesse trovato risposte e atteggiamenti più plausibili, tra il “facci ridere” e il “facci incazzare” con cui lo incalzano le platee. Chissà che Italia sarebbe. Invece no. La nostra fame di uomo forte (8 italiani su 10 lo vorrebbero sembra trovare più circense che panem. E sarebbe un’ottima occasione per riprendere il filo di un discorso spezzato: il discorso politico. Davanti al bancone di un bar del centro di Roma, bicchiere in mano, l’avventore fa: “Hamon, il francese, vuole mettere la tassa sui robot. Anche in Italia ci vorrebbe”. E il barista, flemmatico, ribatte: “Non gli bastano le tasse che ci prendono già. Anche ai robot le vogliono mettere. E giù a ridere. Ma c’è poco di che sghignazzare. Perché la battuta sulle primarie della gauche di Francia mostra l’unica certezza per questa Italia in crisi di leader, ma soprattutto di idee. Chiamateli come volete, sinistra radicale, destra populista, trumpismo, nel resto del mondo si fa politica. Le divisioni, gli scontri, gli stessi muri di Trump, che scatenano reazioni in mezzo pianeta e riempiono le piazze, sono politica. Come nel secolo beve di Hobsbawm c’erano uomini forti e fallimento di ideologie, nel secolo brevissimo che stiamo vivendo, dieci anni in cui il mondo ci è cambiato davanti agli occhi, esiste ancora una contrapposizione atavica fra modelli politici. I “populismi-popolari” di cui Trump è capofila richiedono alla politica uno sforzo sovrumano. Una risurrezione. Perché essi appaiono immuni alle nostre regole senza tuttavia scardinarle nella forma. E’ come se ci addormentassero l’anima con un sortilegio, una profilassi alla democrazia occidentale, qualora che fu capace di sconfiggere Hitler e Mussolini, che la rende oggi, spuntata davanti al magnate Usa salito alla Casa bianca. Per Questo La Copertina dell’Espresso mostra i quattro uomini forti, anzi” omini forti” d’Italia, stretti in un fascio littorio che porta, però, le insegne della nuova America trumpaiana. Al posto dell’ascia, il pollice che simboleggia l’Okay con cui, il mondo spiccio, la nuova politica decide, fa e disfa. Sono chiusi lì dentro perché stritolati dai tempi nuovi. Forse l’unico paese il nostro dove la politica è sparita nel momento in cui c’era più bisogno di lei, Esausta come l’olio che ha compiuto il suo ciclo. Esempi? Il dibattito nel Pd di Matteo Renzi, in fiamme per le guerre fra capicorrente, riguarda la data del congresso, i cavilli, le liste, i collegi elettorali, l’antipatia per il segretario piuttosto che per il grande inquisito Massimo D’Alema. Un dibattito manierista che culmina in una stravaganza: la sfigurata legge elettorale dalla Consulta è il primo caso di provvedimento “mutante” della storia repubblicana. Si comporta da proporzionale quando sei dentro il Palazzo, dove si calcolano seggi e maggioranze alternative, mentre per il paese votante, per il paese rimane sostanzialmente maggioritaria. Spingendo a una scelta radicale forse più di quanto sarebbe stato con l’Italicum: o con loro o contro di loro. Dove loro è l’olio esausto. Stessa cosa a destra, dove la Lega di Salvini è alle prese con la metamorfosi incompiuta da partito a pardan-secessionista in camicia verde a emulo in sedicesimo di una Le Pen in camicia nerastra, tutto zingari e ruspe, che non sfonda né il muro dei voti né quello del Po. Berlusconi ripete un mantra la parola “proporzionale”, a testimoniare una metamorfosi ontologica prima ancora che elettorale. (..). E la politica? La lasciamo fare agli altri. E pensare che proprio Trump può costituire la grande occasione per l’Europa. L’occasione di essere quel modello alternativo che prima il muro di Berlino, poi la globalizzazione le hanno di fatto impedito di essere. Confinandola a biblioteca del sapere democratico, archivio di ciò che è stato o di ciò che dovrebbe essere. Ma sempre più raramente di ciò che è. O, parlando di politica, di ciò che sarà.
Tommaso Cerno – www.lespresso.it  @Tommasocerno – 5 febbraio 2017 -

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