Molti della mia generazione non
pensavano e altri non vogliono rassegnarsi all’idea che a cinquant’anni si
debba lottare per riaffermare principi, affrontare questioni che sembravano
risolte per sempre quando eravamo ragazzi. La scuola pubblica, l’aborto, un
salario decente, i diritti dei lavoratori, il ripudio della guerra, i
pregiudizi razziali e tanto altro. Nella nostra ingenuità siamo cresciuti con
la convinzione che, almeno nell’Occidente democratico, la modernità coincidesse
con il progresso civile e culturale, che i nostri fili avrebbero avuto più
occasioni di noi, com’era accaduto a noi rispetto ai nostri padri, in un mondo
più aperto, istruito, intelligente e giusto, con meno guerre e odio, muri e
frontiere di ogni tipo, abissi fra ricchi e poveri. Naturalmente qualcuno non
la pensava allo stesso modo e Pier Paolo Pasolini già allora scriveva che
sviluppo e progresso erano due strade distinte e sempre più lontane. Del resto,
la stria non è mai stata lineare. Ci sono voluti mille anni per riavere in
Europa la rete di strade e acquedotti e il livello di civiltà giuridica
dell’impero romano. Il buio della regressione è sempre in agguato. Forse un
giorno si guarderà alla stagione dei diritti democratici, sgorgata dalle idee
illuministe, come una breve e illusoria parentesi in una storia umana dominata
dall’oscurantismo fanatico e autoritario. Si poteva e doveva insomma
considerare anche l’ipotesi che andasse male. Ma così male in così pochi anni
non l’avremmo mai immaginato. Questo stupore ci rende patetici agli occhi dei
più giovani. Una propaganda ben organizzata dal potere e condivisa da destra a
sinistra li ha convinti che la nostra difesa dei principi è in realtà una
battaglia per mantenere privilegi acquisiti. Ed è difficile spiegare che il
diritto a un lavoro dignitoso e garantito, conquistato a prezzo di una lotta
secolare, non era un privilegio, ma la base per un futuro migliore per tutti.
Ora, dopo montagne di tasse pagate anche per chi non le pagava, ci raccontano
che il reddito accantonato in una vita di lavoro non ci sarà restituito nella
pensione perché si fa un torto ai giovani. E potrebbero magari anche farci
venire qualche senso si colpa se almeno s’inventassero un piano d’investimenti per
creare lavoro coi nostri soldi, che invece andranno persi in altri bonus e
condoni e salvataggi di banche e corruzione: Così siamo barche che remano
controcorrente, risospinti nel passato, come scriveva Scott Fitzgerald,
increduli davanti alla tv che rimanda l’immagine di un tipo che sarebbe
sembrato un vecchio reazionario trent’anni fa e invece è il nuovo che avanza
alla Casa Bianca, la fotografia perfetta del tramonto dell’occidente.
Curzio Maltese – Contromano – Il Venerdì di Repubblica – 3
febbraio 2017 -
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